Il papà assassino: "Una voce
mi diceva di colpire Alessia"

Il papà assassino: "Una voce mi diceva di colpire Alessia"
di Lorenzo Sconocchini
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Mercoledì 20 Agosto 2014, 12:25 - Ultimo aggiornamento: 21 Agosto, 12:50

ANCONA - Il ferroviere modello che sognava di guidare un Frecciarossa vedeva il diavolo e sentiva voci che gli suggerivano cosa fare per il bene del mondo.

E proprio quei sussurri che gli rimbombavano in testa l'avrebbero spinto ad afferrare un coltello da cucina e piantarlo cinque volte nel corpo di una bambina innocente, la sua bambina, pensando di risparmiarle in quel modo atroce un destino d'infelicità. L'avrebbe confidato Luca Giustini, il papà arrestato per l'omicidio della piccola Alessia, diciotto mesi appena, ai medici che lo hanno in cura nel reparto di Psichiatria degli Ospedali Riuniti di Torrette da domenica sera, quando il pubblico ministero Andrea Laurino ne ha disposto il ricovero trovandolo così confuso da non poter rispondere neanche alla più banale delle domande.

Dopo una notte e un giorno di assoluto mutismo, Giustini avrebbe cominciato a sbloccarsi l’altra sera, raccontando dei suoi tormenti, di quelle voci dall'aldilà che gli dettavano le mosse da compiere."Ogni volta che le sento prendo appunti, annoto tutto nel mio quaderno a quadretti".

Gli investigatori dei carabinieri, guidati in questi giorni dal colonnello Mario Ligi, vicecomandante provinciale dell’Arma, sono andati subito a verificare cosa ci fosse nei due block notes sequestrati lunedì pomeriggio nella Passat di Giustini, all'interno di uno zaino nero che conteneva anche fazzoletti di carta, block notes tenuti forse per lavoro e un tablet. In uno dei quaderni i detective dei carabinieri hanno trovato una dozzina di pagine scritte con una grafia fitta e per larghi tratti incomprensibile, dalla quale ogni tanto affioravano parole più comprensibili di altre, con riferimenti a Dio. Gli investigatori hanno immediatamente informato la Procura, e ora probabilmente si affideranno a un consulente grafologo per riuscire a interpretare gli scritti raccolti nel quaderno a quadretti. Se davvero è come la racconta il ferroviere, in quelle pagine ci sono i deliri di un uomo in preda a gravi tormenti, capace di nascondere una personalità paranoide dentro un solido guscio di normalità, tanto che Trenitalia lo definisce un dipendente modello (pur negando che stesse prendendo il brevetto per i treni ultraveloci Frecciarossa) capace di condurre alla perfezione il treno Regionale da Foligno giunto ad Ancona domenica mattina alle 9, cinque ore prima che Giustini massacrasse la figlioletta con cinque fendenti al cuore e ai polmoni.

Una personalità probabilmente borderline (ma sarà materiale di studio per i periti psichiatri a cui sicuramente sarà affidato il tragico caso di Collemarino) così ben camuffata da sfuggire ai controlli psicoattitudinali a cui l’azienda delle Ferrovie sottopone periodicamente il suo personale, in particolare i macchinisti.

Ma perché prendersela con una creatura di appena un anno e mezzo? Perché massacrare Alessia, la più piccola delel sue bambine? Luca Giustini, 34 anni, avrebbe dato una sua spiegazione, da far accapponare la pelle anche agli investigatori più scafati. Temeva che la bambina, dopo una caduta che le aveva fatto spuntare un bernoccolo in testa, restasse cerebrolesa. Dice di aver sentito una voce che gli diceva di salvare sua figlia uccidendola. In altre circostanze forse avrebbe annotato diligentemente quei “messaggi” sul suo quadernino a quadretti, ma domenica alle due di pomeriggio, nel suo appartamento di via Patrizi a Collemarino, non aveva con sé il block notes ed è passato all’azione. Per Alessia, che riposava nella sua culla, non c’è stato scampo, e per fortuna l’altra bambina, Sofia di quattro anni, era in spiaggia con la mamma Sara Bedini, infermiera di 32 anni, e con i nonni materni. Poco dopo le due Luca ha chiamato la moglie dicendo di tornare a casa. “Ho fatto un casino”. Forse le voci dell’inferno avevano smesso di sussurrare quei messaggi di morte. Ma per Alessia non c’era più salvezza.

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