L'odissea di Matteo Malaventura: «So aspettando il tampone, ma intanto mi è tornata la febbre»

Pesaro, l'odissea di Matteo Malaventura: «So aspettando il tampone, ma intanto mi è tornata la febbre»
PESARO - È stato uno dei primissimi sportivi a parlare apertamente del Coronavirus e lo ha fatto pubblicamente senza esitazioni. Il suo è sempre stato un messaggio...

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PESARO - È stato uno dei primissimi sportivi a parlare apertamente del Coronavirus e lo ha fatto pubblicamente senza esitazioni. Il suo è sempre stato un messaggio di ottimismo e speranza e quella di domani sarà per Matteo Malaventura, noto ex cestista pesarese, una Pasqua particolare. «Sarà una festa diversa, ma stare a casa con la famiglia dopo questa paura la renderà bellissima», ha dichiarato a Tagada, su La7. “Mala” lotta da oltre un mese con il Covid-19 e da alcuni giorni ha lasciato l’ospedale per tornare dalla moglie Marianna e dai suoi piccoli.


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«Ancora non sto riuscendo a recuperare totalmente», ha affermato nel pieno della battaglia. «Mi hanno detto di restare in isolamento per 14 giorni, solo a quel punto mi avrebbero fatto un tampone. Ho fatto richiesta giovedì, ma ancora non mi è stato effettuato. Qualche giorno fa mi è tornata la febbre e i medici mi hanno detto che potrebbe essere ancora il virus in circolo».
 

L’apprensione maggiore è per i figli. Matteo era in attesa di un tampone per lui e per la sua famiglia che tardava ad arrivare. «Ora nelle Marche si può fare solo alle persone guarite e ai loro familiari. Mi è arrivata la richiesta per mia figlia di 11 anni. Perchè non farlo a tutta la famiglia? Mi è stato detto che devono rispettare le procedure», ha dichiarato Malaventura. Intanto Pesaro continua a essere terreno minato, recentemente Matteo ha perso un amico, il massaggiatore storico della Scavolini Ezio Giroli. «Ti voglio ricordare con grande affetto perché sei stato molto importante per me quando a 17 anni ho iniziato a far parte della prima squadra. Eri il punto di riferimento dello spogliatoio, il primo ad arrivare e sempre l’ultimo ad andare via – il commosso saluto di Matteo -. Mi ricordo le risate che ci facevamo quando parlavi con gli americani e, non parlando inglese, riuscivi comunque a farti capire o nella peggiore delle situazioni venivi e dicevi “C…. vuole questo ?”».  Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico