ANCONA - La sua aria fragile e smaliziata, con le gambe nude sotto la mini di lurex e il cespuglio di riccioli biondi, ci colpisce subito. Nel corpo nervoso e con la faccia...
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Come non innamorarsi di questo trans filiforme, delle sue cocenti e fiammeggianti illusioni, dei suoi garbati commenti alle situazioni più violente, che attraversa indenne con la sua natura spontanea e leggiadra, come una Alice partenopea e plebea, spinta da un immenso bisogno di amore. Neanche il padre, che quand'era adolescente gli puntava la pistola contro intimandogli di rinunciare alla sua “diversità”, neanche Gaetano, l'amato non amante, neanche il cugino guappo, con la tragica mascolinità aggressiva, riescono a scalfire questa creatura ossuta e tenera, con gli occhi sgranati e ridenti anche quando il mondo la ridicolizza e strazia.
Dal racconto di Giuseppe Patroni Griffi, del 1975, Arturo Cirillo ha tratto questa pièce teatrale, che nei giorni scorsi allo Sperimentale ha acceso Scena Contemporanea di Marche Teatro, che l'ha coprodotta. E allo scabro realismo barocco del suo linguaggio, il regista-attore napoletano ha attribuito miracolosamente il fascino di un'interpretazione con le ali: senza idealizzarlo, addolcisce il racconto col miele di mirto di una voce emozionante, con la seta autentica delle sue movenze, con la infantile grazia dei suoi sguardi. Anche quando la violenza di alcune sequenze rischia di precipitare lo spettacolo in un vortice di orrore, lei l'esorcizza, rialzandosi, sempre. Invincibile nella sua moralità naturale. E se l'amore non vince affatto, come quasi sempre, a tenerlo in vita è il fatto che lei ci creda, a dispetto delle apparenze. Rosalinda Sprint grazie a Cirillo vivrà per sempre, nuova eroina del teatro, tragica e incantata. Indimenticabile. Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico