Il ritorno di Ron (in tour nei teatri) da Senigallia: «L’emozione dopo 8 anni»

Il ritorno di Ron (in tour nei teatri): «L’emozione dopo 8 anni»
Dopo otto anni di silenzio, Ron torna a pubblicare un album di inediti e torna anche sul palco dei principali teatri: la tournée “Sono un figlio” prende infatti...

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Dopo otto anni di silenzio, Ron torna a pubblicare un album di inediti e torna anche sul palco dei principali teatri: la tournée “Sono un figlio” prende infatti il nome dal nuovo album che ha già ricevuto una calorosa accoglienza da critica e pubblico. Prodotto da Trident Music, il tour prenderà il via dal Teatro La Fenice di Senigallia il prossimo 8 marzo alle 21 per toccare le principali città italiane. 

È emozionato di tornare sul palco con un suo disco?
«Moltissimo. I dischi rischiano di sparire, mentre dal vivo c’è sempre qualcosa nell’aria e dentro di me che si uniscono magicamente». 
I brani del nuovo album sono particolarmente poetici: è autobiografico? 
«Direi di si. È nato al tempo del Covid: non si poteva uscire e chiamai i miei musicisti per buttare giù qualcosa. Ho la fortuna di avere uno studio, a fianco della mia casa, una ex fabbrica di cioccolato. C’erano anche giovani compositori e musicisti che mi avevano mandato cose bellissime, come la canzone dei gatti. Giovani artisti che reputo molto bravi».
Quasi un’operazione in stile Dalla?
«Sì (sorride). Penso che nella musica sia importante stare insieme, condividerla con altri, sia in fase di costruzione che sul palco: sentire De Gregori che intona Una città per cantare mi ha sempre emozionato parecchio. L’aiuto di queste persone è stato importantissimo». 
La dolcissima “Sono un figlio” ha un’ambientazione rurale nel video, è legata alla sua infanzia?
«Lì è protagonista la mia terra, quel campo di riso che cambia tanti colori durante il giorno. È molto vicino alla storia che vado a raccontare».
E poi c’è la canzone “I Gatti”: secondo lei conquisteranno il mondo? 
«Lo hanno già conquistato, si dice che siano extraterrestri. I gatti sono matti, nel senso bello: hanno grande personalità, sono molto selettivi, ma poi, improvvisamente, te li trovi sulla pancia..».
Otto anni di attesa: quali i tempi per raccogliere le suggestioni, le idee per un nuovo album? 
«Solitamente sono molto agitato quando lavoro, ma il covid mi ha fatto rallentare e riscoprire la tranquillità È questo che mi ha fatto tornare a scrivere, anche di me, un qualcosa di diverso rispetto al passato». 
Lei fa parte di una generazione che ha conosciuto Dalla e De Andrè: un cantautorato che onorava la poesia, oggi dov’è quella poesia?
«Ci siamo voltati e abbiamo trovato un grande faro puntato su questi giovani, ma sono stato giovane anche io e sono curioso di vedere se anche loro riusciranno a raggiungere grandi risultati. Credo che ognuno di loro abbia dentro qualcosa, ma quello che mi manca nelle loro canzoni è proprio “la canzone”, una storia da raccontare. Anche gli stessi rapper, se decidessero di cantare, oltre che parlare, forse troverebbero il desiderio di raccontare davvero qualcosa». 
È la settimana di Sanremo: secondo lei è ancora il Festival della canzone italiana? 

«Non so se è più il festival della canzone italiana, comincio a sentire sempre meno cose degne di essere considerate tali. So che c’è Giorgia, Mengoni, gente che ha lasciato il segno con tante cose bellissime. Sono curioso».

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Corriere Adriatico