Il regista pesarese Piscaglia in sala con “Napoleone”, la voce narrante è del premio Oscar Irons

Il regista pesarese Giovanni Piscaglia
PESARO - Gli artisti pesaresi non smettono di stupire: è in programma solo per 3 giorni (8, 9 e 10 novembre) in tutti i cinema italiani, la nuova opera firmata dal...

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PESARO - Gli artisti pesaresi non smettono di stupire: è in programma solo per 3 giorni (8, 9 e 10 novembre) in tutti i cinema italiani, la nuova opera firmata dal regista Giovanni Piscaglia “Napoleone. Nel nome dell’arte”, con la colonna sonora originale di Remo Anzovino e l’esecuzione, per la prima volta da allora, del brano originale composto per la cerimonia di incoronazione di Napoleone, recentemente riscoperto nell’archivio del Conservatorio di Milano.

 

 
Il documentario, prodotto da 3D Produzioni e Nexo Digital in partnership con Intesa Sanpaolo e Gallerie d’Italia, vede la narrazione eccezionale del premio Oscar Jeremy Irons. Una nuova straordinaria avventura nell’inconfondibile grande stile di Piscaglia, capace di cogliere inquadrature e scenari d’arte con grande e delicata maestria e sentimento, con un pizzico di emozione in più nel trovarsi davanti ad un grande attore: «Lavorare con Irons è stata una grandissima emozione: è uno dei miei attori di rifermento in assoluto. - racconta Piscaglia - Lui ha avuto un approccio da grande mattatore, cosa non ovvia perché gli attori spesso fanno fatica a diventare narratori. E invece si è prestato con naturalezza alla scena, con una voce straordinaria e un grande carisma». Ma anche conoscere meglio Napoleone, dopo Van Gogh è stata una piacevole scoperta per il regista pesarese: «Le emozioni, quando si fa un documentario di questo tipo, sono quelle che ti mettono davanti alla persona, all’uomo, al di là del mito che lo circonda. Di sicuro era un personaggio di grande fascino, che sapeva anche sorridere ed essere divertente. La figura di Napoleone è molto importante anche oggi: un grande innovatore e portatore di valori. Ma la sfida qui è stata quella di cercare di essere “epico”, ma non retorico, la volontà di usare la telecamera come oggetto di indagine diretta, grazie al quale mettere lo spettatore davanti alle tracce di verità esistenti, anche fisiche».


Per Piscaglia l’emozione non passa attraverso l’estetica, non solo: «Non amo fare riprese pensando solo alla bellezza dell’immagine, ma tento di vivere, senza preconcetti, dentro i contenuti, mettendomi in gioco. Alla fine le riprese che vengono meglio sono proprio quelle in cui ho partecipato emotivamente e nel montaggio finale, questo influisce moltissimo». Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico