Magrini espone a Jesi, due location per l'artigiano della cultura che segue la corrente della curiosità

Giannetto Magrini
JESI - Giannetto Magrini è un giovane 85enne che attraversa il modo delle arti figurative cavalcando la corrente della curiosità. Vero, questa “corrente”...

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JESI - Giannetto Magrini è un giovane 85enne che attraversa il modo delle arti figurative cavalcando la corrente della curiosità. Vero, questa “corrente” formalmente non esiste. Ma sì, risponde Magrini quando qualcuno gli chiede cosa significhi. La sua è in realtà una istigazione alla ricerca tematica seguendo fatti e parole del nostro tempo, da cui trarre ispirazione, non etichettature di appartenenza a questa o quella nouvelle vague

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L’antologica
Lo dimostra l’antologica delle sue opere inaugurata a Jesi, “spalmata” in due siti, non perché abbia, il Magrini, manie di grandezza, ma solo perché in un “contenitore” unico avrebbe compresso all’inverosimile gli “eureka” della sua creatività, delle sue tematiche. Forse sarà perché è un personaggio che ha impresso alle arti figurative (pittura, scultura) un’accelerazione che se guardi i lavori del periodo in cui frequentava l’Accademia d’Arte e quelli di oggi capisci che sotto quei ponti sono passati decenni di storia e di cultura. La mostra di Jesi, visitabile nei due siti distanti cento metri l’uno dall’altro (la Chiesa di San Nicolò, la cui origine risale agli ultimi anni del dodicesimo secolo, un incanto, e il palazzo dei Convegni che, a confronto è uno spazio espositivo quasi post lavoristico. Senza offesa. Ma può contenere grandi tele, quello sì). 


Visto che abbiamo citato la natura con la savana, l’attinenza del titolo della mostra, “Sostenibilità”(visitabile fino al 14 giugno), si nota immediatamente. Il logo che appare sui manifesti è un’ape e tutti sanno che l’ape è il «termometro della laboriosità ma soprattutto dei cambiamenti del nostro pianeta, un simbolo meraviglioso», e lui, questo giovanotto che ha girato la boa degli ottanta, è sempre sul pezzo ed è uno di quelli coi controfiocchi che si chiedono: cosa lasceremo a quelli che verranno dopo di noi? Segue la quotidianità, e quando Papa Francesco ha accennato alla frase «costruite ponti, non costruite muri», Magrini ha creato ponti metaforici che poggiano sui libri e, quindi, sulla cultura e sulla nostra civiltà occidentale.

Sui migranti che sbarcano o che muoiono in mare. Ha lavorato anche su Raffaello Sanzio e l’ha immaginato sommerso dal mare, un paradosso pensare al mare che arriva ad Urbino a coprire i dipinti del Sanzio. Poi ci sono le sue sculture, le sue creazioni in cui la materia filtra le sensazioni di ingranaggi che servono per far muovere “il sole e l’altre terre”. Non so se abbia immaginato “questo coperto di grano, i soli o i fiori, i colori”, come un grande Poeta spesso ci ha cantato. Ma in mezzo a quella pianura fin dove si perde debbono continuare a “lavorare” le api, strapazzando fiori con amore e trasportando linfa vitale. Magrini si merita una collocazione importante. Ma non per la sua età, ma perché è un “artigiano della cultura” onesto. 

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Corriere Adriatico