Mathias Martelli, Urbino nel cuore: «Amo la mia città, solo andandosene si capisce quanto sia straordinario il nostro territorio»

Mathias Martelli, Urbino nel cuore: «Amo la mia città, solo andandosene si capisce quanto sia straordinario il nostro territorio»
«Me ne sono andato da Urbino per curiosità verso altri mondi: volevo conoscere altre città, altri ambienti culturali, diversi contesti sociali. Non per...

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«Me ne sono andato da Urbino per curiosità verso altri mondi: volevo conoscere altre città, altri ambienti culturali, diversi contesti sociali. Non per distacco o critica verso la mia città natale. Ho sempre amato Urbino tanto che ci torno ogni volta che posso. Forse solo andandosene si può capire quanto sia straordinario il nostro territorio. Una qualità della vita quasi inarrivabile, serenità, bellezza, arte, natura. Più giro il mondo, più mi convinco che esistano pochi luoghi così meravigliosi. Ma mi chiedo: quanto ne siamo consapevoli?». Matthias Martelli è l’interprete di “Mistero Buffo” di Dario Fo, con la regia di Eugenio Allegri. Uno spettacolo che gli ha fatto girare l’Italia e l’Europa. È stato liceale al Raffaello di Urbino. Di seguito si è laureato in Storia passando per Roma, Firenze, Bologna e Valencia, dopodiché si è diplomato in “Arte Teatrale” alla “Performing Arts University” di Torino. Da lì è iniziata una cavalcata. 


I monologhi


Matthias è autore e interprete di diversi monologhi prodotti dai più importanti Teatri Stabili italiani, come “Raffaello, il figlio del vento” e “Dante, fra le fiamme e le stelle”. Ha appena finito il primo Tour di “Fred!”, spettacolo sulla figura di Fred Buscaglione, con la regia di Arturo Brachetti e la presenza in scena di Roy Paci e della sua band, uno spettacolo da lui stesso ideato, scritto e interpretato. «Andrò negli Stati Uniti, in California, all’Università di Chapman, con una conferenza/spettacolo su Dario Fo e il “Grammelot”. Ho tante idee che non basterebbero 250 anni per realizzarle tutte». 


Le due città


Una vita tra Torino e Urbino. Dice: «La prima è stata la città che mi ha fatto nascere artisticamente: ho trovato scuole, maestri, piccoli locali dove esibirmi; ho conosciuto più tardi le grandi strutture che mi hanno promosso, creduto in me e continuano ancora a farlo. È la città più europea d’Italia. Un piccolo centro difficilmente ha la forza per lanciare grandi talenti, in tutti i campi; tuttavia, Urbino per me rimane centrale. “Tutto dipende da dove sei nato”, diceva qualcuno. Ogni cosa che faccio si porta dentro la magia, l’ironia e la luce della mia città, la quale, puntando sulla cultura, sugli eventi, sulle arti, sull’artigianato, sulla valorizzazione del patrimonio architettonico e naturalistico, potrebbe esplodere. Ma Urbino vuole veramente diventare grande?» Sulle possibilità di sviluppo della città ducale, Mathias ha le idee chiare: «Deve scrollarsi di dosso pigrizia e insoddisfazione cronica, diventare consapevole del suo splendore ed essere disponibile a condividerlo. Ci vogliono capacità di comunicazione, dedizione, apertura e dinamismo. La città deve essere collegata con il mondo e ci vuole una svolta nella mentalità. Urbino vuole essere grande, ma poi un visitatore arriva, si trova le auto in centro e negozi, bar e locali chiusi la domenica. È da sempre divisa fra chi non riesce ad andarsene e chi non può fare a meno di tornare». Al punto di pensare a Urbino in pianta stabile «se la vedessi entusiasta di sé stessa, finalmente consapevole della sua meraviglia, ricca di eventi, botteghe, capace di accogliere i visitatori, aperta, coraggiosa, vivace». Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico