«Me ne sono andato da Urbino per curiosità verso altri mondi: volevo conoscere altre città, altri ambienti culturali, diversi contesti sociali. Non per...
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I monologhi
Matthias è autore e interprete di diversi monologhi prodotti dai più importanti Teatri Stabili italiani, come “Raffaello, il figlio del vento” e “Dante, fra le fiamme e le stelle”.
Le due città
Una vita tra Torino e Urbino. Dice: «La prima è stata la città che mi ha fatto nascere artisticamente: ho trovato scuole, maestri, piccoli locali dove esibirmi; ho conosciuto più tardi le grandi strutture che mi hanno promosso, creduto in me e continuano ancora a farlo. È la città più europea d’Italia. Un piccolo centro difficilmente ha la forza per lanciare grandi talenti, in tutti i campi; tuttavia, Urbino per me rimane centrale. “Tutto dipende da dove sei nato”, diceva qualcuno. Ogni cosa che faccio si porta dentro la magia, l’ironia e la luce della mia città, la quale, puntando sulla cultura, sugli eventi, sulle arti, sull’artigianato, sulla valorizzazione del patrimonio architettonico e naturalistico, potrebbe esplodere. Ma Urbino vuole veramente diventare grande?» Sulle possibilità di sviluppo della città ducale, Mathias ha le idee chiare: «Deve scrollarsi di dosso pigrizia e insoddisfazione cronica, diventare consapevole del suo splendore ed essere disponibile a condividerlo. Ci vogliono capacità di comunicazione, dedizione, apertura e dinamismo. La città deve essere collegata con il mondo e ci vuole una svolta nella mentalità. Urbino vuole essere grande, ma poi un visitatore arriva, si trova le auto in centro e negozi, bar e locali chiusi la domenica. È da sempre divisa fra chi non riesce ad andarsene e chi non può fare a meno di tornare». Al punto di pensare a Urbino in pianta stabile «se la vedessi entusiasta di sé stessa, finalmente consapevole della sua meraviglia, ricca di eventi, botteghe, capace di accogliere i visitatori, aperta, coraggiosa, vivace». Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico