La pianista Marta Tacconi ha pubblicato “Songs without words”: «Vivo immersa nella musica»

La pianista Marta Tacconi
È un modo di dire mutuato da una splendida canzone, ma la musica che gira intorno, quando si insinua caparbiamente nelle menti, nei cuori e nelle coscienze dei giovani,...

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È un modo di dire mutuato da una splendida canzone, ma la musica che gira intorno, quando si insinua caparbiamente nelle menti, nei cuori e nelle coscienze dei giovani, diventa un’arma importante. Alla pianista Marta Tacconi, che naviga sulle colline verdi e stuzzicanti che l’essere intorno ai trent’anni ti regala, la musica che ama sin da quando era bambina, insieme al talento ed alla professionalità, hanno provocato la scintilla che non capita sempre nella musica.

 

Lo studio e la produzione


I suoi “studi leggiadri e le sudate carte”, mai lasciati, oltre alla docenza al Conservatorio di Perugia e presso il suo studio musicale “Crescendo”, hanno coinvolto fior di professionisti a livello internazionale, coi quali ha inciso, per l’etichetta “Da Vinci Classic”, un primo disco “Le Cantiche”, in collaborazione con il soprano Federica Livi e oggi questo, appena uscito da casa, per il mercato internazionale, “Songs without words”, versione e trascrizione per flauto e pianoforte di Luca Russo, col flautista Stefano Parrino, musiche di Mendeelssohn. Una tappa importante? Marta Tacconi è una tipa risoluta, quella della musicista è la carriera che ha sempre cercato e percorso, senza mezzi termini.

«Vivo immersa nella musica», dice. «Un percorso professionale è costellato di mete, soste, incidenti, salite, discese, curve, traguardi, quindi di tanti punti e tutto concorre e ha concorso a renderti ciò che sei. Cioè, un insieme di tanti punti all’interno dei quali la conquista più grande è poter fare ciò che piace e poter assumere ciò che piace come criterio di valutazione e scelta».


Le collaborazioni


Il disco, questo, è arrivato al momento opportuno, dopo numerose collaborazioni con artisti internazionali che avevano, dalla loro parte, un retroterra culturale, certo, ma anche tecnico e di coinvolgimento artistico, che farebbero crescere ed esaltarsi persino un trapper con gestualità annessa. “È un arricchimento, unito ad un duro lavoro. La stima e la fiducia che vengono riposte in te, ti chiedono di spostare l’orizzonte dei tuoi limiti, superare le paure e colmare uno spazio assolutamente ignoto. L’orgoglio deriva dall’essere riconosciuti capaci e garanti della buona riuscita di un progetto ma anche dall’osservare quel famoso orizzonte “un po’ più in là”. Il duro lavoro infine è sempre un’iniezione massiccia di umiltà, come il mettersi continuamente in discussione». 


Nel disco spicca una bella linea melodica, che evoca la voce umana di un Lied, sullo sfondo di un accompagnamento la cui natura strumentale è particolarmente accentuata. Ed è difficile resistere al fascino della linea melodica. Marta ha voluto con sé alcuni collaboratori ed amici marchigiani. La copertina è della pittrice e poetessa Silvia Segnan, le foto di Michele Magliola, coi quali collabora da alcuni anni. Per il futuro «ci sono concerti già programmati, in Italia e all’estero, un terzo e importantissimo progetto discografico, ma anche tempo dedicato alla mia formazione, perché chi ha un’attività propria deve continuare a formarsi ma anche del tempo da dedicare a progetti con me stessa. Ecco, quelli mi sono mancati un po’».  Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico