Musei Marche, valzer di dirigenti. Voltolini all'Archeologico di Ancona, Brachetti alla Rocca di Gradara, Pacheco alla Rocca di Senigallia

Da sinistra Alessandra Pacheco, Stefano Brachetti e Diego Voltolini
ANCONA - Valzer di direttori nel musei marchigiani. Dario Voltolini guiderà il Museo archeologico di Ancona. Succede a Nicoletta Frapiccini che prosegue nella gestione del...

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ANCONA - Valzer di direttori nel musei marchigiani. Dario Voltolini guiderà il Museo archeologico di Ancona. Succede a Nicoletta Frapiccini che prosegue nella gestione del Museo archeologico di Urbisaglia e dell’Antiquarium di Numana. La Rocca Demaniale di Gradara è stata affidata all’arch. Stefano Brachetti mentre la Rocca Roveresca di Senigallia sarà guidata dall’arch. Alessandra Pacheco.

 

Diego Voltolini ha 34 anni ed è  archeologo della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le Province di Ancona e Pesaro e Urbino. Dal 14 febbraio, è il nuovo direttore del Museo Archeologico Nazionale delle Marche (Man Marche). Oggi, come primo impegno, parteciperà alla presentazione delle indagini su Palazzo Ferretti seguiti da Cecilia Carlorosi, la Soprintendente archeologia e belle arti di Ancona e Pesaro Urbino, e condotte dalla Scuola di Specializzazione in Beni Architettonici e del Paesaggio del Dipartimento di Architettura dell’Università degli Studi di Napoli.


Diego Voltolini, l’eccezionale scoperta del tumulo monumentale di Urbania che risale all’750 a.C., il nuovo piano per valorizzare il Campo della Pieve e la Domus del Mito a Sant’Angelo in Vado, la modernizzazione del Parco archeologico Sentinum sono alcuni dei suoi recentissimi lavori, come la sua esperienza sul terreno influirà sul suo nuovo incarico museale?
«Il Museo Nazionale significa fondere due cose: ritornare da un lato, ad occuparmi sì della valorizzazione diretta dei beni mobili attraverso l’esposizione e, dall’altro, riallacciare i rapporti tra questi beni e tutti i diversi luoghi di provenienza. Perché ci deve essere un dialogo tra la tutela del patrimonio archeologico e la sua valorizzazione che, in qualche modo, lo restituisce al pubblico. Ed in questo dialogo che la mia esperienza mi sarà utile».


Come pensa far interagire il patrimonio archeologico museale e la città?
«Va sottolineato che il Museo è delle Marche, non è solo di Ancona ma è evidente che ha e deve avere un rapporto speciale con la città che lo ospita. Quando si arriva dal mare, fa parte della scenografia di Ancona e deve intercettare i flussi turistici che passano per il porto ma anche il turismo lento in visita nel capoluogo. La didattica pertanto non deve limitarsi alle scuole».


Nel mondo museale si è imposto il principio del Metropolitan di New York che nessun museo esiste per diritto ma che deve ogni giorno conquistare la sua esistenza. Qual è la sua visione strategica?
«Il Man Marche non è nato come scrigno di collezioni ma per promuovere il territorio. È un museo resiliente per definizione. È stato massacrato dalla Seconda guerra mondiale, è rinato e poi, richiuso con il terremoto di Ancona e ha riaperto ancora più ricco di prima. Ha una forza intrinseca che ne fa un grande protagonista con capolavori esposti e nei suoi depositi, Non a caso, ha fornito una cinquantina di opere alla mostra “Tota Italia. Alle origini di una nazione” che univa i più importanti musei archeologici italiani. E questo perché custodisce opere che hanno fatto la storia dell’archeologia. Nei prossimi anni, l’intenzione specifica del direttore regionale musei Marche, Luigi Gallo, è di sviluppare sia la parte espositiva sia quella divulgativa con l’obiettivo di conservare meglio il patrimonio e di raccontarlo in un modo contemporaneo».


Il che dà sostanza alle voci che parlano di preziose sorprese?


«Non voglio anticipare nulla ma posso almeno sottolineare che il contenitore del museo, Palazzo Ferretti, è già un monumento che di per sé si distingue. Come va considerata quale patrimonio la parte scientifica curata da Delia Lollini, pilastro della storia dell’archeologia nelle Marche, od ancora l’allestimento museale di per sé firmato dall’architetto Franco Minissi che ha rappresentato la museografia in Italia e sarà restaurato con un finanziamento specifico». Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico