Il leggendario chitarrista Steve Vai in concerto allo Sferisterio: «Voglio “rapire” il pubblico»

Il chitarrista statunitense Steve Vai
MACERATA - Il viaggio di Steve Vai, che sta portando il leggendario chitarrista e cantante statunitense in giro per l’Europa, fa tappa in Italia. Delle cinque date...

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MACERATA - Il viaggio di Steve Vai, che sta portando il leggendario chitarrista e cantante statunitense in giro per l’Europa, fa tappa in Italia. Delle cinque date dell’Inviolate tour previste nel nostro paese una lo vedrà protagonista sul palco dello Sferisterio di Macerata sabato, 2 luglio, alle ore 21 nell’ambito di “Sferisterio live” (info: 0859047726, Best Eventi). 

 

 
Steve Vai, dopo tre anni torna finalmente live, che sensazioni ha?
«Non ero sicuro di poter riuscire a farlo. Ma ora che sono in giro sono decisamente contento di essere di nuovo live».
Cosa eseguirà nel concerto?
«Prima di tutto vorrei dire che “rapirò” il pubblico, saprò attrarlo con composizioni particolarmente coinvolgenti. Sto pensando di eseguire un buon numero di brani presi dall’ultimo lavoro in studio, “Inviolate”. Ci saranno sicuramente brani come “Candle power”, “Little pretty”, “Avalancha”, “Zeus in chains”, “Greenish blues” e altri che non ho mai eseguito. Ovviamente terrò anche conto di ciò che i miei fan vorrebbero ascoltare. In questo tour il vento sta cambiando, per via del problema che ho avuto alla spalla».
Quando ha deciso che era ora di realizzare “Inviolate”?
«Durante il lockdown. Avevo in mente un grande progetto, doveva coinvolgere molte persone, ma non è stato più possibile. Ho iniziato a caricare contenuti online, una versione di Candle power, da solo e in acustico e sono rimasto sorpreso dell’ottima riuscita. Poi l’infortunio alla spalla, e quando sono rientrato a casa dall’intervento per un po’ non ho potuto usare il braccio. Il resto è storia, ho cominciato a scrivere, ho registrato in studio i brani di Inviolate e altri per Hydra, la mia chitarra a tre manici».
Straordinaria, cosa ci può dire? 

«È interessante, azzarderei dire il massimo, quasi al limite della follia, ma funziona davvero molto bene. Ho iniziato a pensarci 10 anni fa, ho scritto a diversi produttori, ho provato varie alternative: manici a sette, 12 o 13 corde. Mi hanno proposto campioni, mostrato disegni, poi ho dato l’ok. E lei, la Hydra, è arrivata due anni fa. Per utilizzarla a pieno ritmo ci ho messo sei settimane di registrazione. È quasi un gioco, il suono davvero melodico, quasi una intera chitarra. Un gran bel progetto». 
Lei è considerato il più grande chitarrista di tutti i tempi, se lo aspettava quando ha iniziato?
«Direi di no. Vede, anche da piccoli suonare la chitarra non è come giocare o fare sport. Suonare la chitarra è un’arte. Ho iniziato. E ho avuto la fortuna di trovare un pubblico che ha sempre amato quello che facevo. E questo mi ha ispirato ad andare avanti». 
Ha suonato con tante leggende, quale la più grande secondo lei? 
«Joe Satriani. Mi ha insegnato, ispirato sin da quando ero un ragazzino anche per le melodie, lui è la chitarra, ha il completo controllo sulla chitarra da rock ‘n roll». 
Cosa ci dice dei talenti di oggi? 
«Seguo alcuni chitarristi italiani, come Matteo Mancuso, Luca Mantovanelli, Daniele Gottardo. Sembra però che la chitarra non sia più preminente nella musica».
Le sue origini italiane? 


«Sono fortunato ad averle. I miei nonni sono emigrati negli Stati Uniti, e in casa si respiravano la cultura e le tradizioni italiane. Quando sono venuto in Italia per la prima volta, era tutto meraviglioso. Ogni volta che vengo mi sento come a casa mia. E nel paese di origine dei miei nonni paterni, Dorno, dieci anni fa mi hanno dato la cittadinanza onoraria». Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico