Vite in fuga, parla Claudio Gioè: «Le mie Vite in fuga quasi come in un lockdown»

Vite in fuga, parla Claudio Gioè: «Le mie Vite in fuga quasi come in un lockdown»
ROMA - Il pubblico tv si sta appassionando alle vicende dei Caruana, i protagonisti di Vite in fuga, costretti a scappare tra le Alpi dell'Alto Adige, sotto falso nome, quando...

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ROMA - Il pubblico tv si sta appassionando alle vicende dei Caruana, i protagonisti di Vite in fuga, costretti a scappare tra le Alpi dell'Alto Adige, sotto falso nome, quando il capofamiglia (interpretato da Claudio Gioè) viene coinvolto in uno scandalo finanziario e diventa il principale indiziato di un omicidio: gli ascolti della fiction, in onda ogni lunedì e martedì in prima serata su Rai1, crescono di puntata in puntata.

 


Perché piace tanto?
«Perché è un bel family thriller, unisce le dinamiche di questa famiglia costretta a chiudersi in se stessa con il thriller vero e proprio: si passa da un piano all'altro e c'è molta tensione, sia all'interno che all'esterno della famiglia».

 


L'isolamento forzato dei Caruana non può non far pensare al lockdown...
«Il nemico esterno che mina la vita di queste persone è facilmente sostituibile. Le famiglie si sono riconosciute nella trama della fiction: è una situazione straordinaria in cui bisogna affrontare la quotidianità con le proprie forze, fare affidamento sulle proprie relazioni più intime per farsi coraggio e trovare insieme le giuste risorse per superare questa crisi».

 


Adesso è sul set di Màkari: sarà veramente il nuovo Montalbano?
«Credo abbiano definito così questa fiction solo perché entrambe sono ambientate in Sicilia e prodotte da Palomar, ma non ci sono altre somiglianze. Màkari è tratta dai gialli di Gaetano Savatteri, che hanno anche un tratto di commedia: il protagonista è Saverio Lamanna, un detective per caso, un giornalista che viene licenziato e torna in Sicilia, nella casa di famiglia, riallacciando i legami con la sua terra e con i fantasmi del passato».

 


Anche lei è tornato a vivere in Sicilia.
«Sì, dopo 27 anni passati a Roma, da un anno sono tornato a Palermo, dove ho tutta la mia famiglia, per vivere un po' i miei legami, che ho vissuto sempre a distanza».

 


Lo scorso anno era in scena con uno spettacolo teatrale, che ne pensa della chiusura dei teatri?


«Il teatro ne ha passate tante... Io avevo in scena una mia regia, Marat Sade di Peter Weiss, al Biondo di Palermo: abbiamo debuttato a fine febbraio, dopo cinque repliche ci siamo dovuti fermare. Spero che l'anno prossimo riusciremo di nuovo a riempire i teatri».
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Corriere Adriatico