La voce di Clooney Pannofino a Jesi porta in scena "I suoceri albanesi"

Una scena de "I suoceri albanesi"
JESI - Non è facile decidere. La voce che sentiremo sarà quella di Clooney? O di Spacey o Banderas? Non importa quale amiamo di più, contano solo le emozioni...

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JESI - Non è facile decidere. La voce che sentiremo sarà quella di Clooney? O di Spacey o Banderas? Non importa quale amiamo di più, contano solo le emozioni che ci daranno le sfumature, le pause, i silenzi. Cancelliamo questi volti dal nostro schermo e riceviamo, forte e chiaro, la voce di Francesco Pannofino, uno di quelli che appena entrano in scena, o sul set, o sul palco di un Sanremo qualsiasi o sbucano dal buio di una sala di doppiaggio, ti fa trovare a tuo agio.


E’ a Jesi, dove presenterà, il 5 febbraio al Pergolesi di Jesi, “I suoceri albanesi”, di Gianni Clementi,con  Emanuela Rossi e con Andrea Lolli, Silvia Brogi, Maurizio Pepe, Filippo Laganà, Elisabetta Clementi, per la regia di Claudio Boccaccini,  prodotto da Officine del Teatro Italiano. Una commedia che, dice Pannofino, “ti fa ridere senza farti sentire un cretino”. Continua. “Io sono Lucio, un consigliere comunale di idee progressiste, tutto preso dalla solidarietà con altre culture, altre tradizioni, sposato con una donna dalle stesse idee progressiste ma fissata con la cucina molecolare. Quelle dove “nun se magna”, per intenderci. Hanno una figlia di sedici anni alquanto ribelle.Un giorno i vicini di casa protestano per una perdita d’acqua, vengono chiamati due idraulici albanesi, la ragazza si innamora di uno dei due. A questo punto accoglienza e solidarietà “parapì e parapà, quando ti trovi il problema dell’accoglienza in casa, cambiamo le prospettive. Questa la storia, intesa come commedia, paradossi intorno ai quali si ride molto”.

Si posso affrontare questi temi sorridendo …
“Noi, credo, ci riusciamo, si sorride e si riflette contemporaneamente, ecco, come vuole il teatro. E ti chiedi cosa faresti al loro posto”.

Doppiaggio, teatro, televisione, cinema, musica, con una chitarra acustica in braccio … 
"Scoperto! è vero, canto pure, recentemente ho collaborato con Enrico Ruggeri, con una canzone per il suo ultimo album, che uscirà sotto Sanremo. Ma io farò l’attore, da grande. Anche se, confesso, tutti gli altri che tu hai citato, sono ambiti assolutamente difficili da affrontare. Nell’ordine servono una bella faccia, una bella voce, saper valutare le situazioni che, come in teatro, cambiano giorno dopo giorno”.

A vent’anni, alla fermato dell’autobus per andare all’Università, improvvisamente spari sopra e, intorno, alcuni morti. E assisti in diretta al rapimento di Aldo Moro, via Fani. Cosa ha cambiato questo fatto nel giovane che ancora non sapeva che avrebbe fatto l’attore?
“Io avevo già le mie idee, allora. A quell’età, in quei tempi, ti dovevi schierare per forza, la scelta politica era quasi obbligatoria. Non è come adesso che i giovani impegnati politicamente sono davvero pochi. Senza contare che c’era anche la lotta armata, col suo presunto fascino. Quell’esperienza l’ho maturata negli anni, vedendo film, leggendo libri, e, quando sono diventato più grande, ci ho scritto anche una canzone, si chiama “Il sequestro di stato”. Li ci sono le sensazioni maturate nel tempo”. 

E ci racconta del “suo” Nero Wolfe televisivo, dei teatri che oggi sono di nuovo pieni, che per i giovani servirebbe conoscere un po’ di storia del teatro italiano.

“Perché il pubblico è attento  e non ti regala niente”. Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico