Il regista Mazzoni e “Notte per me luminosa”: «Non è solo uno spettacolo, ma un madrigale e un’opera sul mistero della creazione artistica»

Il regista Matteo Mazzoni
JESI - Durante le prove al Teatro Pergolesi di Jesi, ogni artista presente sembrava sussurrare fra sé “Notte per me luminosa”. Vero, è il titolo...

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JESI - Durante le prove al Teatro Pergolesi di Jesi, ogni artista presente sembrava sussurrare fra sé “Notte per me luminosa”. Vero, è il titolo dell’opera contemporanea che inaugurerà la stagione lirica di tradizione del Massimo Jesino il 29 e il 30 maggio. Ma siamo convinti che ritrovarsi a volare fra vecchie assi che conoscono gli anni, sia un’emozione fortissima per tutti.

L’opera avrebbe dovuto essere messa in scena nel novembre scorso ma poi fu sospesa per problemi Covid. Queste “scene liriche” da personaggi dell’Orlando Furioso dell’Ariosto, sono composte dal maestro Marco Betta, su soggetto e testo di Dario Olivieri. Dirigerà il maestro Marco Attura, regia di Matteo Mazzoni, un giovane con un’ottima carriera alle spalle.

 
“Notte per me luminosa” cosa è e cosa non è? Ce lo dice il regista stesso.
«Non è non soltanto uno spettacolo teatrale ma forse un madrigale ed un’opera sul mistero della creazione artistica e sul potere della letteratura; un’opera che si alimenta di altre opere, musicali e poetiche. I personaggi sono evocati dai sogni e ricordi di Ludovico Ariosto, cantano e agiscono sulla scena, ma non sono personaggi “reali”. A differenza, s’intende, di Ludovico Ariosto, l’unico essere umano presente nell’opera. È questa la ragione per la quale è anche l’unico a parlare anziché cantare. All’inizio dell’opera Ariosto è avanti con gli anni, si definisce “vecchio”, e ripensa ai suoi personaggi come un artista che non ha ancora finito di plasmarli o, addirittura, come un uomo che non riesce a separarsi dalle sue creature. Quasi fossero ectoplasmi, rivede Angelica, Orlando, Medoro, Astolfo, in mille notti insonni, nelle quali vorrebbe riparlarci, magari ricambiarne i destini. Capita anche a noi che lavoriamo in teatro di trascorrere notti in cui rimastichiamo, sezioniamo, cambiamo il carattere degli attori». 


Nell’“Orlando”, Astolfo va sulla luna dopo che Orlando era impazzito d’amore per Angelica, per riprendere l’ampolla che contiene il suo senno. Dov’è l’ attinenza con L’Orlando Furioso? 
«Abbiamo voluto far “atterrare” gli elementi d’arredo dell’opera proprio sul suono lunare, perché è stato Ariosto stesso a farci capire che tutto quello che viene perduto sulla Terra possiamo trovarlo lassù, sul nostro satellite. Per questo Ariosto si troverà sulla luna per cercare di riprendere il controllo dei suoi eroi. Con Orlando sembra riuscirci, ma poi …


La fermiamo, altrimenti ci racconta l’intera opera. Come è stato dirigere attori-cantanti che si muovono sulle note di una musica contemporanea che ha una struttura ed una costruzione fuori degli schemi della tradizione?


«È la prima volta che lavoro come regista su di un’opera del maestro Marco Betta, un contemporaneo che ha inserito momenti musicali molto preziosi, quindi nessun problema. Sono convinto che sia determinante sostenere la magia evocativa che crea questa partitura. Abbiamo scelto un allestimento leggero ad alto contenuto tecnologico. Qui servono modernità, visioni e solo con questi mezzi (per esempio le video proiezioni) siamo riusciti ad ottenere uno straordinario risultato. Sono convinto che l’opera catturerà l’attenzione, al Pergolesi la sperimentazione è di casa». Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico