“Immaginazione senza limiti. 1962–1972”, le opere di Cintoli esposte nelle sale del Palazzo Bisaccioni di Jesi

“Flamingos, 1966-67” di Claudio Cintoli
JESI - Con Claudio Cintoli, pittore e critico d’arte marchigiano (nacque a Imola, ma la famiglia si trasferì presto a Recanati dove l’artista passò...

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JESI - Con Claudio Cintoli, pittore e critico d’arte marchigiano (nacque a Imola, ma la famiglia si trasferì presto a Recanati dove l’artista passò l’infanzia) vissuto tra Roma e New York nella seconda metà del Novecento, siamo di fronte a un costante nomadismo degli stili, delle tecniche e dei linguaggi. Il suo fu un ecclettismo anticipatorio ed evocativo, contraddistinto da un immaginario complesso fatto di elementi italiani e di sequenze d’oltreoceano, assemblato in collage di frammenti, spot pubblicitari, scritte tipografiche, pixel e legni consumati dalle maree adriatiche.


L’esposizione “Immaginazione senza limiti. 1962–1972” che apre oggi a Palazzo Bisaccioni di Jesi, approfondisce un decennio prolifico della produzione pittorica di Cintoli, con grandi tele dal forte impatto, sculture, collage e un video che chiude idealmente il percorso. La mostra, curata da Ludovico Pratesi e Daniela Ferraria, si discosta dall’impostazione antologica delle ultime esposizioni – Pescheria di Pesaro e Macro di Roma – e offre una selezione di circa venti opere, di cui due inedite al pubblico. «Ci siamo concentrati sul decennio 1962–1972, che a sua volta si divide in tre fasi», ha spiegato Pratesi. «La prima è ancora legata agli anni cinquanta, con lavori oggettuali di natura neodadaista», ha evidenziato il curatore. La seconda fase, che si materializza in quadri figurativi di matrice cinematografica pop, interessa il biennio 1966-1968, quando Cintoli si trova a New York, dove si fidanza con la figlia di un regista avanguardista, Gill, che diventerà sua moglie. Forse non è un caso, quindi, la scelta di realizzare queste enormi tele – scelta di pochi all’epoca, tra cui, però, Schifano – con la tecnica del retinato, presa in prestito dal cinema. Sperimentalismo dunque, corroborato da un forte valore evocativo della memoria. In questi collage fotografici – li chiamerà in questo modo –, Cintoli sovrappone figure e mette in risalto dettagli che emergono da scenari di marine e giardini. Dettagli simbolici, a tratti surreali, definiti dall’artista “immagini disturbo». La memoria è nei giardini e nelle spiagge, nelle sculture create dai grovigli delle cime delle barche, nei sassi arrotondati dall’acqua. Sullo sfondo, il ricordo delle villeggiature estive a Porto Recanati, nella casa dello zio Biagio Biagetti, restauratore e direttore dei Musei Vaticani. Di questo ciclo di opere merita di essere menzionata “Speed Eclipse”, uno dei due inediti presenti in mostra e immagine del catalogo dell’esposizione.

«La terza fase che caratterizza il decennio preso in esame coincide con il rientro in Italia dagli Stati Uniti. Siamo nel 1968 e prende piede la tendenza a realizzare opere in ambito poverista», ha evidenziato Pratesi. Performance e installazioni diventano una nuova forma, un linguaggio contemporaneo. Anche Cintoli si uniforma al trend, accantonando momentaneamente la pittura. Le due sculture presenti in mostra ne sono un esempio, ma l’apice del percorso espositivo, così come quello di questi dieci anni di libertà espressiva, dinamismo e mutazioni prospettiche, sta tutto nel video “Crisalide”, dove l’artista fuoriesce a testa in giù da un sacco di tela. La mostra si chiude con un’impetuosa liberazione e con l’orgoglio della rinascita. Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico