Lo jesino Mariottini “solista principale” del Balletto di Montecarlo

Il ballerino jesino Francesco Mariottini
JESI - Francesco Mariottini è un ballerino jesino, se vuoi “un cervello ed un corpo” in fuga. Ma non da se stesso, sapeva fin da piccolo che avrebbe...

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JESI - Francesco Mariottini è un ballerino jesino, se vuoi “un cervello ed un corpo” in fuga. Ma non da se stesso, sapeva fin da piccolo che avrebbe ballato sulle punte. A undici anni inizia i corsi di danza moderna, nel 2000 con una borsa di studio va a Firenze, presso la scuola del “Balletto di Toscana” per dei corsi di tecnica classico-accademica e contemporanea, poi stages e fatica vera con la compagnia di Michele Merola, con cui ha ballato un po’ ovunque. Nel 2010 entra a far parte del cast dei ballerini professionisti della trasmissione “Amici di Maria De Filippi”. Dal 2016 inizia a lavorare con la compagnia del “Balletto di Monte-Carlo” diretto dal coreografo-direttore Jean-Christophe Maillot sotto la presidenza della Principessa Carolina di Hannover. Attualmente lavora come “solista principale” stabile della Compagnia.

 
Dove ha mosso i primi passi?
«Il teatro dove ho mosso i primi passi di danza e dove ho cantato, da bambino, col coro delle voci bianche in una “Carmen”, è proprio il Pergolesi di Jesi. A 15 anni sono andato ad imparare “il mestiere” a Firenze. Poi la svolta, quando ho avuto una proposta per entrare come ballerino con Maria De Filippi. In quel periodo ero a Reggio Emilia con una compagnia contemporanea, l’Ater Balletto, avevo 20 anni ma avevo deciso di andarmene. Una persona mi disse che l’insegnante Alessandra Celentano stava facendo dei provini per trovare un ballerino per “Amici”. Ci sono riuscito ed è stata una esperienza irripetibile».


Come definisce il suo percorso artistico?
«Variopinto. Ho fatto danza classica, perché comunque quella deve essere la base per tutti, ed anche danza moderna e contemporanea. Ho imparato che bisogna studiare moltissimo per entrare nei personaggi».


Dal punto di vista teatrale, ogni movimento è come una battuta, vero?
«Il classico ha più paletti, forse, il contemporaneo ti dà la possibilità di creare buoni linguaggi, nuovi percorsi. Romeo è sempre Romeo, così come Petruccio nella “Bisbetica domata”, debbono avere il carattere che ti propone il coreografo ma il personaggio, seppur universale, quando sarà interpretato sarà sempre diverso. Nel Balletto di Stoccarda, in Bisbetica c’era uno straordinario imprinting da parte del coreografo. Io ho interpretato Petruccio col balletto di Montecarlo, in una versione completamente stravolta dalle edizioni precedenti. Sfumature e colori diversi. Questo è il Teatro». 


Il punto di riferimento?
«Ovviamente Nureiev, perché fu lui che diede il massimo spazio all’uomo in scena. È vero, abbiamo un narcisismo sano, dentro, che ci spinge ad offrire il meglio ad un pubblico che ha pagato il biglietto e che ti guarda. “Ho studiato come un matto ed ora ve lo faccio vedere”, il nostro mantra. Quanto lavoro, studio ed insegno? Sette, otto ore al giorno».


Come va a Montecarlo?


«Non possiamo certo agire con la mascherina, siamo in una sorta di bolla ed all’interno delle nostre sedi possiamo ancora lavorare, monitorando e testando la situazione. Questa stagione è andata così così, le tournée all’estero sono state in parte cancellate».  Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico