Dai CCCP a "Un’idea collettiva di Patria", Massimo Zamboni in concerto a Pesaro

Dai CCCP a Un’idea collettiva di Patria, Massimo Zamboni in concerto a Pesaro
Testi e canzoni per raccontare la storia attraverso la voce del popolo: oggi alle 19, al teatro Sperimentale di Pesaro, Massimo Zamboni presenta Con voce di popolo,...

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Testi e canzoni per raccontare la storia attraverso la voce del popolo: oggi alle 19, al teatro Sperimentale di Pesaro, Massimo Zamboni presenta Con voce di popolo, all’interno di Playlist e del festival Scenari promosso dal quotidiano Domani. Tratto dal libro La trionferà e dall’album La mia patria attuale, Con voce di popolo si propone come un innesco per un ragionamento collettivo sull’idea di Patria. «Innanzi tutto bisogna accettare il fatto che la sconfitta esiste e che sia una maestra di vita», racconta Zamboni rispetto all’evidente mancato trionfo della bandiera rossa. 

 

«Con la bandiera rossa il mondo ha subito un’accelerazione che non era in grado di sostenere. Credo che l’età del riscatto e dell’emancipazione abbia tempi molto più lunghi di quelli che abbiamo pensato, in tanti, di poter imprimere al corso della Storia. Ma questa bandiera rossa ancora rimane in maniera così indistinta anche nel cuore di molte persone: l’ho potuto verificare presentando il mio libro in giro per l’Italia. Non è nostalgia: è profondamente sentita questa adesione che, per forza di cose, deve prendere altre forme, altri nomi o colori. Il mondo deve andare avanti, ma noi contiamo ancora qualcosa nello sviluppo della società umana». 


La storia


Forse la storia dei Cccp, di cui Zamboni è stato fondatore insieme a Lindo Ferretti, potrebbe essere simile a quella politica che ha attraversato il nostro paese: «Come Cccp ci è capitato di accompagnare il crollo di tutti gli stati socialisti ed è stato un rivolgimento enorme: mai nella storia c’è stato un qualcosa di così tumultuoso in un tempo così breve. Nel nostro piccolo ci siamo confrontati con questo mondo senza averne paura, senza voler fare i giovani per forza o la band di rock’n’roll. Abbiamo cercato di portare sul nostro palcoscenico gli avvenimenti di quel decennio, conoscendo bene quello che era accaduto nei decenni precedenti e guardando quelli in avanti. Questo esulava dal discorso meramente musicale e artistico». Nei suoi testi, Zamboni sottolinea spesso come anche la stessa parola “patria” abbia perso il suo significato: «è nata nel 1945, con la resistenza, la Costituzione e la Repubblica Italiana: quelli che ora usano la parola Patria hanno trovato un modo paradossale di usarla e non spettava a loro questa parola. Ci siamo confusi e ce la siamo fatta sfuggire. È una parola bella quando si accettano le patrie anche degli altri con pari dignità, ma allo stesso tempo ti fa pensare il distacco così infinito degli italiani verso il loro territorio, quando non è il localismo. È particolare il fatto che un popolo non si identifichi così con il proprio paese, al di là delle partite di calcio. E dall’altra parte questa nazione fa di tutto perché i propri cittadini non si possano identificare, con tutta una serie di soprusi, truffe, violenze, imbrogli, ammanchi, che rendono impossibile instaurare un rapporto». E lo spettacolo «abbiamo voluto chiamarlo Con voce di popolo perché è un po’ questo, non sono parole che ho inventato alla scrivania, non sono nemmeno storie che ho creato di sana pianta. Questo è stato e questo è stato detto, ci tengo molto a sottolinearlo. È quello che abbiamo sempre chiamato popolo».

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Corriere Adriatico