Il direttore dell'Amat Gilberto Santini svela tutti i segreti dell'associazione

Gilberto Santini
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ANCONA - Faccia a faccia con Gilberto Santini, direttore artistico di Amat, davanti a un buon caffè. 


Ci racconti... chi è lei?
Ah, saperlo... ufficialmente sono un uomo di 47 anni, che ha avuto la fortuna di far sì che la propria passione - il teatro -, pazientemente coltivata, diventasse anche il suo lavoro, tanto da arrivare quest'anno a festeggiare i vent'anni di attività, in cui la mia storia all'amata Amat si è intrecciata con l'insegnamento di Storia del Teatro e dello Spettacolo all'università. Ufficiosamente invece per dire chi sono non posso che mutuare le parole di Pasolini: «Una definizione di me stesso? È come domandare la definizione dell’infinito».

Amat. Per chi non conosce l’associazione ce la descriva dall’interno partendo dalle origini.
Amat - 40 anni, li festeggeremo quest'anno - è uno strumento di accoglienza, lo strumento attraverso cui gli spazi teatrali della nostra regione possono accogliere quanto di bello, nuovo, importante e curioso gli artisti hanno ideato. I padroni di casa? Gli spettatori, in fondo i nostri unici veri committenti, sia direttamente sia attraverso i loro rappresentanti eletti nelle amministrazioni. La cosa bella di Amat è che si tratta di uno strumento totalmente libero: non abbiamo nulla da scambiare, ma vogliamo solo ricevere. E questo è molto, molto liberante.

Coprite ormai l’80% dei teatri marchigiani: una reale necessità per i Comuni? Non c’è il rischio di un monopolio. Non è che sotto c’è la lunga mano della politica?
Che sia una reale necessità lo testimonia non solo la sua storia ma soprattutto la sua vivacità presente, in piena salute anche amministrativa (zero deficit). Nessun rischio di monopolio: si tratta - ripeto - di uno strumento intelligente e non di un contenuto, quindi siamo semplicemente al fianco di chi attua progetti teatrali e di chi ne fruisce. Anzi, mai come oggi è fondamentale non disperdere risorse e energie in futili tentativi ma consolidare e proteggere gli strumenti che funzionano. Quanto alla lunga mano della politica, io non l'ho mai vista aggirarsi nei nostri uffici!

Dopo un periodo di stagnazione, anche dovuta alla crisi economica, negli ultimi due anni la gente è ritornata a frequentare i teatri e non solo. Ha dati che confortano questa impressione. Riesce a definire quale realtà ha avuti più incrementi?
A livello di proposta, l'aumento più incredibile in termini percentuali si è registrato sulla musica, da poco entrata a pieno titolo nel novero delle attività di Amat dopo il riconoscimento da parte del Ministero quale Circuito Multidiscplinare di Teatro, Danza e Musica in esclusiva per la regione Marche. Devo dire che la musica ci sta davvero sorprendendo per la sua versatilità estrema e per l'affetto del pubblico. Non da meno anche gli eventi teatrali mostrano il vento in poppa, con un entusiasmo davvero alle stelle in tutta la regione, e la danza che conferma comunque i suoi termini qualitativi e quantitativi. 

A lei compete la scelta delle opere che vengono rappresentate. Su quale base prepara le stagioni dei vari cartelloni?
Grazie a Dio non solo a me, anche se come direttore ne resto il garante in qualità di direttore. L’Amat è una bella famiglia fatta di ottimi professionisti. Quindi la scelta è sempre condivisa, tra di noi innanzitutto e poi - sempre - con gli amministratori delle città. La base da cui partiamo è provare a rispondere alla curiosità e ai desideri del pubblico, anche e soprattutto a quelli - come dice Peter Brook - «che non sa ancora di avere». Cerchiamo la maggiore varietà possibile in modo che l'esperienza che offriamo agli spettatori sia la più colorata e ampia possibile, cercando sempre di alternare momenti di evasione - divertimento, leggerezza - a momenti di “invasione”, spettacoli che ci mettono di fronte ai nostri dubbi e alle nostre domande.

Il costo di una stagione mediamente di quant’è?
Non c'è un costo medio, una stagione può costare al Comune da poche migliaia di euro fino a superare il centinaio, dipende dalle dimensioni dei teatri e soprattutto dalle scelte. Noi cerchiamo sempre di aiutarli a “fare il passo secondo la gamba”. La cosa molto interessante è notare come l'investimento del Comune muova sempre una cifra perlomeno tripla in termini di volume complessivo e soprattutto - ne accenno solo, ma meriterebbe un'intervista a sé - quanto ritorna sul territorio per quanti vi lavorano, dal personale direttamente impiegato all'indotto per le strutture ricettive e le attività commerciali.

Il Comune riesce a rientrare dei costi?
Il nostro obiettivo è sempre il pareggio di bilancio, in modo che il Comune non spenda di più di quanto preventivato, magari risparmiando qualcosa. La sua domanda rischia però un equivoco, quello cioè di non considerare la cultura come un bisogno primario, fattore di cui sono pienamente convinto. Il Comune riesce a rientrare dei costi che investe negli altri servizi primari? Gli asili, le mense, la gestione delle strade, del verde pubblico? No, semplicemente perché quello deve fare, assicurare servizi investendo bene i soldi delle nostre tasse ricevuti.

Qual è il Comune che investe di più?
Devo dire che tutti i Comuni investono con un buon equilibrio rispetto alle proprie possibilità, dimostrando una buona sensibilità rispetto all'idea di cultura come servizio a cui accennavo prima. Mi preoccupano invece i Comuni che hanno deciso di non investire più e che ho visto poi - guarda caso - venir meno anche dal punto della qualità della vita. Il teatro - non a caso quasi sempre collocato al centro delle città - è un'ottima cartina di tornasole sulla vita che si pensa di offrire ai propri cittadini.

Qual è stata l’opera che in assoluto ha avuto il costo più alto? E qual è stato il ritorno.
Teatro, danza e musica che organizziamo noi hanno sempre - devono avere! - un perfetto rapporto costi-benefici, altrimenti non li organizziamo. Posso dirti che uno degli eventi più costosi che abbiamo organizzato è stato il galà di addio alla danza di Alessandra Ferri con Roberto Bolle allo Sferisterio di Macerata qualche anno fa, 120.000 euro, aggiungendo però che ne ha incassati 125.000. È sempre un problema di equilibrio.

Ci dica almeno quattro opere rappresentate in questa stagione che hanno riscosso maggiore successo.
Il successo per noi è quando ciò che proponiamo attrae e soddisfa il pubblico. Allora cito quattro episodi molto diversi per tipologia e impatto: gli Stomp, scatenati ballerini e suonatori di ogni cosa, al Teatro Rossini di Pesaro, successo tale da farci aggiungere in corsa una terza recita; Elio Germano con Theo Teardo a Fano e Ascoli, che hanno colpito al cuore gli spettatori con suoni e parole infuocate; l'intenso omaggio a Fassbinder di Latella a Macerata, teatro allo stato puro e poi la prima nazionale di Peter Brook a Fermo, il teatro come vita, semplicemente.

E ora faccia una sua classifica: le quattro migliori e le quattro peggiori.
Le quattro peggiori non me le tiri fuori neanche sotto tortura, rischierei anni di musi lunghi! Posso dirti i quattro spettacoli che mi hanno più sorpreso, che è la cosa che desidero di più quando vado a teatro: “The pride” di Luca Zingaretti, un testo coraggioso e una regia limpida per un artista che potrebbe vivere molto più comodamente; “Costellazioni” di Nick Payne, forse uno dei testi più belli degli ultimi anni che riporteremo sicuramente nella prossima stagione; Julia Kent, che usa il suo violoncello come un bisturi nel cuore; “Madame Bovary” di Andrea Baracco, uno spettacolo che sa di passato e di futuro come pochi altri.

Cosa vorrebbe e ancora non è riuscito a portare nelle Marche?
L'elenco è lungo e forse infinito, perché ogni anno si aggiungono nuove cose... Certo mi piacerebbe ancora essere il primo a portare un lavoro dell'indimenticabile Pina Bausch. 

Cosa sta preparando per la prossima stagione? Anticipazioni.

Nei nuovi uffici dell'Amat in piazza Cavour che la Regione Marche ha voluto mettere a nostra disposizione proprio per i nostri 40 anni l'atmosfera in questi giorni è febbrile: ultimi colpi di pennello per completare le prossime stagioni. Insomma, continuate a seguirci, ne vedrete delle belle... Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico