Le canzoni di Ivan rilette dal figlio Filippo all'Università delle Marche

Filippo Graziani
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ANCONA - Intramontabili cantautori! L'omaggio che l'Università Politecnica delle Marche vuole tributare loro è di quelli da pienone: in Aula Magna d'Ateneo “Guido Bossi”, domani si riaccende la stella di Ivan Graziani, dopo il tributo della settimana scorsa a Fabrizio De Andrè, per un ciclo voluto dal rettore Sauro Longhi dal titolo “S4U Storie e Suoni all’Università”.


A ricordarci Ivan, il 7 aprile (ore 21) sarà il figlio Filippo, che con il giornalista de Il Fatto quotidiano Andrea Scanzi ha ideato “Fuochi sulla collina”, un viaggio nell'immaginario di questo protagonista ribelle della nostra recente musica.

Filippo, come nasce questo spettacolo?
“Dalla mia amicizia con Andrea: ci siamo incontrati per caso, e abbiamo scoperto che suo padre amava e ammirava molto il mio. Abbiamo deciso di unire le forze per raccontare la vicenda artistica di Ivan”.

Tante canzoni, da “Lugano addio” a “Taglia la testa al gallo”, e da “Monna Lisa” a “Scappo di casa”, per questa bella storia...
“Più che di un concerto, si tratta di un racconto giornalistico, che rievoca anche il contesto socio-politico del tempo. Io, interpretando con la mia chitarra acustica le canzoni di mio padre, ne faccio la colonna sonora e il commento”.

Da quando la musica per te è tutto?
“Quando lui se n'è andato avevo quindici anni. In seguito, a poco a poco, ho scoperto che era la mia strada. Ho cominciato facendo alla chitarra le cover con mio fratello Tommy, batterista, nei pub, a vent'anni. Poi, da hobby è diventato un lavoro... è venuta la finale della Targa Tenco, poi Sanremo e altro...”.

Ti sei forse sentito in dovere di gestire la sua eredità morale?
“No, è una scelta che è arrivata da sé, tempo dopo. Però quando diventi adulto senti di dovere anche onorare un ricordo”.

Tua madre è contenta della tua scelta?
“Sempre! Forse non avrebbe potuto fare diversamente”.

Tu vivi a Novafeltria. Ti piace?
“Mah, sai, sono nato a Cattolica, ho vissuto a Novafeltria... ma io mi sento abruzzese!”.

Abruzzese?
“Sì, come mio padre, anche se in Abruzzo non vado mai! Ho sangue meridionale nelle vene”.

La vostra non è una vera tournée: date questo spettacolo nei posti giusti. Che pubblico incontrate?
“Vario e impensabile, non abbiamo un vero target...”.

Dal pubblico di un'università cosa ti aspetti?
“Spero che sia un momento di evasione per gli studenti, qualcosa che li faccia staccare dallo studio... noi entriamo in punta di piedi a casa loro, con molto affetto”.

Cantando tuo padre, ti emozioni?

“Sono riuscito a prendere le distanze da un coinvolgimento troppo profondo. Era fondamentale che lo facessi”. Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico