Martina Colombari è una delle sei protagoniste di “Fiori d'acciaio”: «In scena portiamo la sorellanza»

Martina Colombari è una delle sei protagoniste di “Fiori d'acciaio”: «In scena portiamo la sorellanza»
FERMO - Sarà un lungo tour marchigiano quello di Martina Colombari, una delle protagoniste di “Fiori d’acciaio” in scena, dopo la serata di ieri a...

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FERMO - Sarà un lungo tour marchigiano quello di Martina Colombari, una delle protagoniste di “Fiori d’acciaio” in scena, dopo la serata di ieri a Osimo, al Teatro dell’Aquila di Fermo (oggi e domani, ore 21), al Teatro della Fortuna di Fano (da venerdì a domenica, alle ore 21 e domenica alle 17), al Feronia di San Severino Marche (lunedì, ore 20,45), al Gentile di Fabriano (mercoledì 19, alle ore 21). 

 

Martina Colombari che storia sarà rispetto a quella del film?
«L’adattamento per il teatro è di Michela Andreozzi che cura anche la regia. Il nostro spettacolo è ambientato negli anni ‘80, ma non negli Usa, bensì a Sorrento. Nonostante il film sia datato, le storie di queste sei donne sono molto attuali. Ognuna di loro ha il suo percorso personale, chi ha problemi con il marito, chi è picchiata dal fidanzato, chi deve elaborare un lutto. Ma tutte insieme riescono a mettere in pratica la sorellanza e la solidarietà tra donne. Nessuna omologazione però, perché ognuna di loro ha la propria prova». 

Si tratta di “sana” rivalità?
«Non leggo rivalità, piuttosto voglia di imporsi come donne, senza vergognarsi di mostrarsi a volte fragili, senza tirarsi indietro di fronte alla sofferenza e alle salite della vita. I nostri personaggi non sono rivali e non lo siamo nemmeno noi sei attrici: tra di noi ci sono un grande rispetto e riconoscenza, indispensabili per sostenersi a vicenda sul palcoscenico. Siamo in sei in scena, quasi come un coro, dove ci si aiuta. Qui in particolare lo spettacolo è impegnativo, non tanto fisicamente, quanto sul piano dei sentimenti. Bisogna crederci, perché poi il pubblico se ne accorge».

Le donne: fiori d’acciaio e a volte fragili. Come si concilia?
«Ci si riesce perché farlo è la vita: vivere non è stare su una linea piatta, ma c’è ritmo, ci sono saliscendi e ci sono tutte le emozioni da digerire e superare. E questo lo sanno bene tutte le donne di oggi». 

Ha scoperto tardi il teatro, grazie a Corrado Tedeschi e se ne è innamorata: quanto tiene al palcoscenico?
«Sì, è vero, l’ho scoperto tardi, quando mi hanno dato l’occasione di poterlo fare. Corrado Tedeschi mi ha cercato per il ruolo femminile in “Montagne russe”: riteneva fosse perfetto per me. Lui all’inizio ci ha creduto, io avevo un po’ di paura, ma è bello essere oggi in “Fiori d’acciaio”. Del teatro ci si innamora davvero, l’adrenalina che ti dà il momento in cui, dopo lo spettacolo, esci e prendi gli applausi del pubblico, è tanta. È bello poter avere subito un riscontro, ma allo stesso tempo è anche un lavoro faticoso: si è sempre fuori casa, si cambia hotel ogni giorno, sempre con la valigia in mano». 

Sarà per una settimana nelle Marche: le piacciono?
«Sì, la regione è vicina alla mia Romagna, le persone sono cordiali, ho molti amici, si mangia molto bene. Ci sono paesi stupendi ed è questo il bello del viaggiare tanto. Prima parlavo dei contro, ma è bello esserci e non escludo che faremo delle passeggiate, magari sul lungomare». 

Com’è stata l’esperienza di Pechino Express, in onda il giovedì? 


«Dopo il parto è stata l’esperienza più dura, ma è stato unico. E le dico che se non ci fosse il teatro, ripartirei anche ora. Non c’è avventura che tenga, nessuno zaino in spalla che possa eguagliare quello rosso di Pechino Express». Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico