I Sud Sound System in concerto a Cupramontana: «Cantiamo la metafora della vita»

I Sud Sound System in concerto a Cupramontana: «Cantiamo la metafora della vita»
CUPRAMONTANA - Il loro raggamuffin è ormai un segno distintivo: la band salentina dei Sud Sound System sta per concludere il suo “International tour...

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CUPRAMONTANA - Il loro raggamuffin è ormai un segno distintivo: la band salentina dei Sud Sound System sta per concludere il suo “International tour Girai”, dedicato a “Girai Girai” il loro ultimo singolo. Il gruppo farà il suo ultimo concerto nelle Marche, domani, sabato 30 settembre, alle 23 in piazza Cavour a Cupramontana


Nandu Popu (Fernando Blasi) voce e armonica, quali sono le sensazioni alla fine di questo tour?
«È stato bellissimo, era il secondo dopo la pandemia, e nei vari live ho trovato anche molti giovani da 12 anni in su, magari portati dai genitori. Quello che ho notato è che ai nostri concerti ormai vengono i figli dei nostri coetanei, quelli che ci seguivano all’inizio. Poi abbiamo abbandonato il mainstream, ma i ragazzi ci seguono comunque: sanno muoversi e ci trovano. È bello vedere tutti questi giovani».

 


È difficile portare il salentino a chi non conosce il vostro dialetto, soprattutto all’estero dove non sanno nemmeno l’italiano?
«No, la musica non è come la poesia, per la quale si deve capire il testo. La musica è trasporto, emozione, poi noi siamo abituati all’Italia, dove sono pochi quelli che sanno il nostro dialetto fuori dalla nostra terra, non tutti sono salentini. La musica vera mangia e digerisce la parola, diventando un vero e proprio rituale collettivo catartico e l’uomo questo lo capisce».
Di cosa parla Girai Girai? 
«L’ispirazione arriva dal detto salentino “Girai Girai Girai ma meju te casa mia nu truai”: è la metafora della vita che ti fa capire come ti affanni a cercare fuori quello che invece hai davanti. E ai giovani noi vogliamo dire che il Sud non è sconfitto. Il nostro dialetto è realtà, è vera cognizione di noi stessi, una scelta, risposte stoiche alle domande. E non è necessario emigrare dal Sud per farcela. So che molti che rimpiangono di aver lasciato questa terra».
Questo brano è un po’ un’antologia dei vostri stili? 
«Amo molto l’elettronica, la mettiamo sempre nei nostri brani. Parlo però dell’elettronica di un tempo, di quando si dovevano collegare synth e attrezzature ai computer, non i suoni standardizzati che si hanno oggi». 
Troppo omogenei?
«Alcune canzoni richiedono ambientazioni e suoni diversi. Se triste o allegra la canzone, la musica deve cambiare, la discografia non chiede più empatia oggi».
La musica aiuta a trattare temi importanti?
«Sì, dipende anche dal perché si fa musica. Quando abbiamo iniziato era il periodo della guerra della Sacra Corona Unita, la campagna era un deserto e noi abbiamo lasciato le piazze per andarci, noi eravamo contro le mafie e contro l’eroina. Oggi però si pensa più al personaggio, si parla di corpo solo per fare scalpore. Per noi il corpo serviva e serve a danzare. Il corpo oggi va contro il cervello, ma se il nudo di Elodie scandalizza, vuol dire proprio che si parla poco di cervello, e non si decodifica la buona musica». 
Agli inizi siete stati al festival delle Nuove Tendenze d’Autore di Recanati. Ricordi? 
«Era bellissimo, avevamo meno anni e c’era più ricerca. Il periodaccio passerà». 
Nell’agenda?


«Ci prendiamo due mesi di riposo, poi torniamo in studio per lavorare al nuovo album, riprenderemo a gennaio. Il nostro nuovo lavoro uscirà nel 2024». Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico