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Un libro per “tutto quello che volevamo sapere ma non abbiamo mai osato chiedere”?
«Un po’ sì, ma in realtà ho scritto quello che avevo voglia di dire, non certo qualsiasi cosa mi sarebbe stata chiesta. L’idea era quella di proporre una guida all’ascolto ma in maniera creativa e artistica: una narrazione che spero sarà intrigante e suggestiva».
Come è nata l’idea di scrivere questo libro/storia?
«Da una situazione occasionale: ero a Milanesiana, il festival di Elisabetta Sgarbi e proprio lei, ideatrice della casa editrice La nave di Teseo, mi ha lanciato una suggestione che poi ho trasformato in questa idea di racconto di diverse canzoni».
Dietro una canzone, tanti momenti di vita vissuta?
«Spesso c’è l’urgenza, ma c’è anche la necessità, soprattutto quando quando sei un musicista e sai di dover fare dischi. Alle volte sono frutto di una forte ispirazione, altre sono frutto di un lavoro vero e proprio. Non sempre ci sono situazioni magiche dietro la scrittura: c’è l’ispirazione mescolata al mestiere».
Nasce prima la musica o i testi?
«La musica, sempre».
C’è un aneddoto particolare che ci vuole raccontare?
«Le mie canzoni sono un po’ più legate alle emozioni e non estremamente ad un episodio particolare: ho cercato di creare un equilibrio tra invenzione e appoggio alla realtà. Ad esempio in “Cara è la fine” mi metto nella testa di due fuggiaschi che anziché consegnarsi alla polizia decidono di spararsi. Una storia che avevo visto in tv e ho cercato di pensare cosa passasse loro per la testa in quel momento. Altre volte penso di far rivivere “l’attimo” che non è storia, ma emozione e ha a che fare con l’intimo». Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico