Enrico Ruggeri in concerto a Civitanova: «Canto la mia Rivoluzione, ma anche brani obbligati come “Il mare d'inverno” e “Mistero”»

Enrico Ruggeri in concerto a Civitanova: «Canto la mia Rivoluzione, ma anche brani obbligati come “Il mare d'inverno” e “Mistero”»
CIVITANOVA - Il cantautore Enrico Ruggeri fa tappa  domenica 21 agosto a Civitanova Marche con il suo “La rivoluzione – il tour”. Il concerto,...

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CIVITANOVA - Il cantautore Enrico Ruggeri fa tappa  domenica 21 agosto a Civitanova Marche con il suo “La rivoluzione – il tour”. Il concerto, organizzato dal Comune e Isolani spettacoli nell’ambito della rassegna “Ri-Suona la piazza”, inizierà alle ore 21,30 in piazza XX settembre e sarà a ingresso libero. Sarà accompagnato dalla band composta da Paolo Zanetti (chitarre), Francesco Luppi (tastiere), Fortu Sacka (basso) e Alex Polifrone (batteria). 


Enrico Ruggeri, come sta andando il tour? 
«Bene, le impressioni sono positive, e in ogni data del tour ci si diverte molto». 



Come mai il titolo, sia del tour che dell’album, è “La Rivoluzione”?
«Nell’album c’è la canzone “La Rivoluzione”, che da il nome al disco. A parte questo il concetto di rivoluzione è importante, perché segna il passaggio dall’età adolescenziale a quella adulta. Per adulta mi riferisco a noi sessantenni, che siamo nati quando in televisione c’era ancora “Carosello”. Poi da adolescenti c’era l’eroina, poi sono arrivate le lotte armate. Ma la musica è sempre stata una costante».
A proposito di musica, tra quella di oggi e quella di ieri se c’è un abisso, quando è grande? 
«Il divario c’è, ma è anche colpa della grande crisi del settore direi. Questa crisi fa sì che i più giovani pensino a fare un immediato reggaeton con parole spagnole, basta poco per fare del buon reggaeton. Oggi c’è bisogno di sfondare subito, e si pensa all’immediato invece che al duraturo. La mia è una considerazione, ma molti artisti del passato, potrei citare Gaber, Battiato, anche me stesso e altri, non abbiamo sfondato al primo turno. Noi però eravamo artisti di spessore. Oggi si scrivono canzoni, ma chi lo fa conosce 500 parole, invece noi, prima, lo facevamo sapendone 50mila».
Ai concerti esegue solo i brani del nuovo album o anche gli altri suoi successi? 
«Chiaramente l’album, ma c’è almeno una dozzina di brani, diciamo così, “obbligati”, quelli che devi fare. Parlo di canzoni quali “Il mare d’inverno”, che ho scritto a Marotta, o “Mistero” o tanti altri amati dal pubblico. Capita che spesso mi dicano “perché non hai fatto questo o quel brano”? Sa non è facile scegliere quando hai da pescare in 38 album». 
L’ultimo, “La rivoluzione”, è un album quasi autobiografico, quanto c’è di lei? 
«Autobiografico? Direi che parla di me, ma anche del mio vissuto, di chi ho conosciuto, di quello che ho osservato nella mia generazione».
Nella copertina c’è una foto dei tempi del liceo, perché?
«Parlo di quel periodo e del cambiamento che avviene tra il prima e il dopo. Dei rapporti umani, dei sogni adolescenziali e di una generazione che ha affrontato diversi cambiamenti».
Fare il cantante e il musicista è sempre stato il suo sogno? 
«Quando ho cominciato volevo fare questo, sapevo che avrei agito nel mondo della musica. Non c’era un piano B, ma ho cominciato e sono andato avanti fino a oggi».
Oltre a essere un cantautore, ha fatto e fa anche altro. Dove si sente più a suo agio? 
«Sono sempre a mio agio in qualsiasi attività. Mi è sempre piaciuto scrivere, così come è stato per l’ultimo mio romanzo». 
Dopo questo tour? 
«Un nuovo album non è nelle mie priorità, molti non ne fanno neanche più. Navigo a vista».
Tornerà a Musicultura? 


«Certo, se mi chiamano, c’è un bel rapporto con le Marche». Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico