Charlie Hebdo e filosofia al Liceo Campana di Osimo

Charlie Hebdo e filosofia al Liceo Campana di Osimo
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OSIMO - A Osimo si è è parlato di Charlie Hebdo e filosofia. Un appuntamento di grande attualità promosso dal Dipartimento di Filosofia e Storia del Liceo Campana di Osimo si è svolto nell’aula magna del Liceo alla presenza di un nutrito gruppo di studenti e docenti.


Una grande affluenza, giustificata dall’interesse del tema e dalla sollecitazione, venuta proprio dagli studenti del Liceo osimano di poter esprimere un giudizio sulla strage di Charlie Hebdo e di affrontare almeno alcune delle cruciali questioni che si impongono in seguito a tali avvenimenti.



Di fronte ad eventi come questo, che interpellano la coscienza di ogni uomo, la scuola ha una responsabilità educativa fondamentale e irrinunciabile: stimolare in modo critico la lettura della realtà anche attraverso occasioni di confronto e approfondimento.



E così è avvenuto, grazie ai due relatori intervenuti, che hanno offerto diversi spunti di riflessione, rispettivamente, da un punto di vista filosofico e religioso: la prof Carla Canullo, docente di Filosofia della religione ed ermeneutica interculturale presso l’Università di Macerata; il dr Humam Tarakji, fondatore del “Centro culturale islamico delle Marche”.

Tre le domande principali su cui si sono cimentati i relatori: La libertà può e deve essere illimitata? Chi ha il diritto di limitarla? Esiste un comune denominatore tra mondo laico e religioso rispetto al concetto di libertà? Quali sono oggi le strade e gli strumenti per costruire un dialogo costruttivo?



Il percorso intrapreso è partito dalla definizione di libertà: un termine così abusato eppure così poco conosciuto nella sua natura intrinseca. La libertà è data, è una “iniziativa iniziata” come afferma Pareyson, ovvero si è liberi solo quando si è posti davanti a qualcosa a cui aderire. In tal senso la libertà personale non è una monade impazzita che pensa di fare tutto senza criteri, senza valori; al contrario è responsabilità verso le cose che pensiamo e diciamo. Libertà diviene quindi sinonimo di responsabilità sociale, di rispetto dell’altro.

Che rapporto ha questo tipo di libertà con la laicità e la religiosità? “Beh – afferma Carla Canullo – “si può parlare di rapporto con la libertà così concepita solo pensando ad una laicità inclusiva e non esclusiva”. Per laicità esclusiva s’intende quella che elimina alcuni aspetti - religione, morale, tradizione – che si considerano al di fuori della laicità.

La vera laicità non può essere neutrale, non può togliere alcuni aspetti dell’uomo dicendo di renderlo libero. Sarebbe una contraddizione: per essere libero devo rinunciare alla mia tradizione, alla mia educazione… quindi alla mia libertà. Ormai tutti gli stati occidentali sono laici ma questo non significa che siano tutti uguali, perché ciascuno ha tradotto la propria laicità secondo la propria storia e le proprie esperienze.



E allora come ci si educa ad una libertà basata sul rispetto e sul dialogo? Il dialogo non è mai un passo indietro ma un passo avanti. Non devo quindi escludere ciò che sono, altrimenti si cade nella sospensione del giudizio: non dico niente, non comunico. Non rispetto me, né l’altro. “Per dialogare basta aver la volontà di comprendere l'altro” – dichiara Humam Tarakji.



Questa possibilità di dialogo vale nell’ambito interreligioso, ma tanto più oggi vale per il nostro contesto europeo: l’Europa può essere vera occasione di dialogo solo se smette di considerare gli elementi di contrasto tra paesi, smette di porre limitazione alla cultura di ogni popolo e diventa luogo ideale per esprimere il “sé”.



In conclusione, senza la pretesa di aver esaurito un tema di così ampia portata, questa tavola rotonda è stata sicuramente un esempio di vivacità e insieme di rispetto, segno che un dialogo interculturale è veramente possibile se si parte da un corretto uso del termine libertà. Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico