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CAMERINO - Un'occasione da non perdere, la visita alla mostra “Camerino fuori le mura. Prospettive d’arte dal Quattrocento al Settecento”, allestita a Palazzo Castelli fino al 19 settembre. «Partiamo dal Rinascimento – ha osservato all'inaugurazione il sindaco Sandro Sborgia - per una rinascita che deve passare dalla cultura». Significativo, il legame che la città conserva con le opere d'arte che i secoli più fulgidi della sua civiltà le hanno lasciato in eredità.
Lo testimoniano le opere esposte, alcune delle quali recuperate in chiese e musei subito dopo il sisma del 2016, prima che fossero dichiarati inagibili. Tornano visibili per la prima volta dopo il restauro. Indagini diagnostiche, curate da Graziella Roselli, direttrice dello spin off universitario “A.r.t.&Co”, riguardano la “Annunciazione” di Giovanni Angelo d'Antonio e la pala “Visione di san Filippo Neri con la Madonna e il Bambino” del Tiepolo che, riprodotte in gigapixel dalla società Haltadefinizione, possono essere analizzate nei minimi dettagli dal visitatore in mostra, e sul sito www.haltadefinizione.com.
Il professor Francesco Maria Orsolini è autore del saggio relativo a questa opera straordinaria di Giovan Battista Tiepolo.
È da considerarsi simbolica del patrimonio preservato dopo il terremoto, che ora è esposto nell'ottocentesca palazzina, concessa dall'Università di Camerino per la mostra. «Ci auguriamo – commenta l'assessore alla Cultura Giovanna Sartori – che essa serva a sensibilizzare i decisori a creare un deposito unico nelle Marche per le opere salvate dal sisma del 2016, in attesa di ricollocarle nelle sedi originarie».
Tra queste, il ritratto di Giulia da Varano bambina, di Dosso Dossi, trafugato negli anni '80 e recuperato nel 2019, su segnalazione della professoressa Alessandra Partanaro dell'Università di Padova, dal Nucleo Tutela Carabinieri di Genova. Sono inoltre esposti affreschi staccati di Giovanni Angelo d'Antonio, una tempera su tavola di Arcangelo di Cola, un mezzobusto bronzeo di Urbano VIII del Bernini e due tele di Valentin de Boulogne, insieme alla pala di Francesco Trevisani raffigurante “I santi Carlo Borromeo, Francesco di Sales e Filippo Neri in adorazione del chiodo della Croce”.
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