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«Ho scritto il libro per far capire agli altri perché sono così». Asia Argento a Verissimo parla così dei motivi che l'hanno spinta a realizzare la sua autobiografia ‘Anatomia di un cuore selvaggio’, dove ripercorre episodi molto forti della sua infanzia. Ha subito violenze dalla madre, Daria Nicolodi, scomparsa a novembre. Nel suo passato c'è poi l'incidente in cui ha perso la vita la sorella, che l'ha fatta sprofondare nella depressione per sei mesi. Parla anche degli abusi sui set e del rapporto con le sostanze stupefacenti. Racconta di essere stata violentata dal regista Rob Cohen dopo aver preso la droga dello stupro.
Il libro
«Quello che mi ha spinto a scrivere il libro è il bisogno di dare una cornice a tutta la mia esistenza. Per tutta la vita mi è stato detto che ho avuto la vita facile e che ero "figlia di papà". Mi veniva quasi da ridere perché in realtà è stato il contrario. Il libro ho iniziato a scriverlo prima di perdere mia madre, penso che possa servire a far capire agli altri perché ho reagito in questo modo. Io non so bene perché facesse così. Mio padre lavorava molto e la loro era una relazione travagliata. Si sfogava su di me, diceva che ero quella più forte e potevo prendermi le botte... Sono stata cacciata di casa a 9 anni e sono diventata forte a causa di questi eventi».
Il rapporto con i genitori
«I miei genitori si sono separati quando avevo nove anni.
La morte della sorella
«Sulla sorella racconta: «Era una persona che soffriva molto, poi vedermela strappare via da un incidente stradale è stata una cosa inimmaginabile. Fiore fu per me come una madre. Mi è venuta una grande depressione, sono stata sei mesi a letto a 19 anni. Poi mi sono ripresa. Ho usato molte sostanze da giovane, erano i tempi dei rave. Non c'erano neanche i telefonini. Hanno creato dei danni cerebrali, immagino anche io di aver fatto qualche danno. Il cinema mi ha aiutato. Quando mia figlia mi ha detto 'Io non voglio fare l'attrice' è stato liberatorio».
Le violenze
L’attrice muove poi delle accuse molto pesanti nei confronti del regista Rob Cohen: «Era un predatore e come tutti i predatori ovviamente nega. Durante le riprese del film ‘XXX’ mi ha dato da bere il GHB (la droga dello stupro), che io non conoscevo e che ti fa perdere i sensi. La mattina dopo non avevo capito cosa fosse successo, mi autoaccusavo di aver fatto una cosa che non volevo. Non l’ho denunciato perché non avevo capito cosa fosse successo. L’ho scoperto dopo parlando con un mio amico che mi ha aperto gli occhi su quella sostanza. Non so che cosa porti un uomo a voler andare a letto sostanzialmente con un cadavere. Non volevo raccontarlo per non alzare un nuovo polverone, però altre due donne hanno parlato contro di lui, tra cui sua figlia, e allora l’ho fatto». Infine, un pensiero su Harvey Weinstein, il produttore cinematografico americano, anche lui colpevole di violenze e condannato a 23 anni di carcere: «Penso che se lo meriti. Non l’ho perdonato perché non si può perdonare una persona che ha fatto quelle cose a così tante donne. Penso che sia nel posto dove merita di stare».
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