Il cantante Andrea Silvestrelli domani in piazza dei Martiri: «Bartòk ha scritto Barbablù per me»

Il baritono Andrea Silvestrelli in “Il Castello del Duca Barbablù” dove è in scena con Michela Bregantin e il pianista Michele Guerrieri
ANCONA  - La fiaba di “Barbablù”, la più enigmatica della nostra infanzia, ha dato ispirazione a Béla Bartòk per l’opera,...

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ANCONA  - La fiaba di “Barbablù”, la più enigmatica della nostra infanzia, ha dato ispirazione a Béla Bartòk per l’opera, “Il castello di Barbablù”. Un unico atto di circa un’ora, scelto dal basso Andrea Silvestrelli per la sua mini tournée nelle Marche, che si conclude a piazza dei Martiri di Ostra, domani alle 21,30. Nativo di Camerano, il cantante, che ha calcato le scene dei massimi teatri nel mondo, si sente anconetano a tutti gli effetti: «Per me, Ancona è la città più bella».

 
Nostalgia di casa, Silvestrelli?
«Il mio unico rammarico è di non essere riuscito a portare questo spettacolo alla Corte della Mole Vanvitelliana. Ho concepito il progetto di esibirmi nella mia regione, durante la reclusione forzata dalla pandemia. E ho scelto Bartòk: pare che abbia scritto “Barbablù” per me».


In che senso?
«Ha cambiato il mio modo di pensare, di interpretare i classici. Nel melodramma, i personaggi sono maschere. In quest’opera, nonostante l’intreccio fiabesco, tutto è reale. Il dibattito tra Barbablù e la sua Judit non è altro che una metafora delle incomprensioni, a volte futili, che minano i rapporti di una coppia. Quel bisogno di sapere della donna, di far luce, di investigare i segreti del passato, è ciò che finisce per condannare un amore, che avrebbe potuto essere eterno».


Come è nato questo spettacolo, che lei ha già interpretato nei giorni scorsi a Mondolfo, Osimo e Jesi?
«Ho condiviso la mia idea con Michela Bregantin, con la quale avevo cantato di recente, all’inaugurazione di un nuovo teatro a Erl. L’ho quindi proposta a Luca Violini, che ha ritagliato per sé la parte della voce fuori campo, il Bardo che fa da narratore. La regia dell’impianto scenico, molto suggestivo, che prevede nove figuranti, è di Loris Barzon. Infine l’accompagnamento musicale è del maestro Michele Guerrieri, un giovane virtuoso, diplomato al Conservatorio di Pesaro».


E lei è Barbablù. Perché l’affascina tanto un personaggio così terribile?
«In realtà è un uomo innamorato, che fin dall’inizio lascia alla sua Judit tutte le libertà, disposto ad aprirle sei delle sette porte che circondano la sala buia del castello. Solo, non vuole che gli chieda di aprire la settima, quella che la condannerà. Ma il vero protagonista, nell’opera di Bartòk, che ha modificato molto il testo di Perrault, è il castello stesso, cui il compositore ha scelto di dare voce, con note gravi, quasi un lamento. E alla fine, la settima stanza nasconde le precedenti mogli: vive, bellissime ed eleganti, le sue donne dell’alba, del mezzogiorno e del tramonto».


Lieto fine?
«Una conclusione aperta, drammatica ed enigmatica. Judit sarà la sua donna della notte, la più bella, splendente di stelle». 


Il testo è cantato in ungherese. Non crea problemi alla comprensione?
«Come succede spesso nell’opera, alla musica sono affidate tutte le emozioni di una fiaba che arriva al cuore del pubblico. E trasmette l’ansia del dramma dell’incomprensione coniugale, che è, ripeto, di tutti i tempi. Per questo, assieme ad “Assassinio nella cattedrale” di Pizzetti, questa è l’opera che preferisco».


Ultima serata, domani, sulla scena marchigiana. E poi, cosa l’aspetta?


«L’Australia, dove volo alla fine di luglio per interpretare, a Brisbane, il “Ring” di Wagner, fino a novembre».  Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico