Scanzi a Pesaro con “E ti vengo a cercare”: «Il mio Battiato così originale, curioso e rivoluzionario»

Andrea Scanzi protagonista in “E ti vengo a cercare”
PESARO - È Franco Battiato, mistico, originale e inquieto, lirico e pop, pioniere della musica, al centro dello spettacolo di Andrea Scanzi “E ti vengo a...

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PESARO - È Franco Battiato, mistico, originale e inquieto, lirico e pop, pioniere della musica, al centro dello spettacolo di Andrea Scanzi “E ti vengo a cercare”, in scena sabato, 9 aprile, alle ore 21 allo Sperimentale di Pesaro nell’ambito di Playlist. Accanto a lui, a cantare e suonare alcuni dei brani più significativi c’è Gianluca Di Febo, leader dei Terza Corsia e dei Floyd On The Wing.

 
Dopo Gaber, De André, Graziani e i Pink Floyd: quanto è importante ricordare questi mostri sacri? 
«Tanto perché abbiamo bisogno di memoria storica. Abbiamo avuto una grande fortuna in Italia: grandissimi artisti, cantautori, intellettuali e alcuni di questi non sono nemmeno stati valorizzati appieno. Graziani, ad esempio, è uno dei più grandi sottovalutati e Gaber è conosciutissimo come nome, ma non come arte. Credo sia giusto che tutti li conoscano».
Tra il suo pubblico c’è chi viene per nostalgia e chi per imparare?
«Sì, se fosse capitato a me, a 15 anni, dopo due ore di uno spettacolo così, sarei andato a casa e avrei ascoltato tutta la loro discografia. Se i giovani vengono, è difficile che non gli piaccia l’artista che racconto: capita che vengano incuriositi da me, ma il risultato è che i ragazzi scoprono una parte diversa della loro vita».
C’è un suo grande lavoro ogni volta, di scelta dei momenti cruciali e significativi… 
«Sì, ma più che altro c’è una grande passione. Scrivo gli spettacoli con una certa velocità: mi aiuta il fatto che questa musica la mastico, la ascolto da 40 anni come minimo e ci sono cresciuto. Su Battiato so tutto: non perché sono particolarmente intelligente, ma perché lo amo, so quali corde toccare».
Occorre conoscerli bene e amarli o si può fare anche solo per “dovere di informazione”?
«Si può andare in tv a parlare di cose che non si amano, si studia e ci si va, ma non si può stare su un palco senza amare quello che racconti. Posso parlare due ore di Battiato, di Fenoglio, di Gaber, ma non potrei mai parlare due ore di qualcosa che non amo visceralmente. La satira è un’altra cosa e di solito la fai su chi non ti piace…».
Battiato che cosa ha rappresentato per lei? 
«Nella mia vita lui c’è sempre stato, soprattutto quello dalla fine degli anni ’70 agli anni ’90: due decenni di perfezione. Mi ha sempre affascinato perché era curioso, rivoluzionario, originale, scriveva testi che inizialmente non comprendevo tanto erano pieni di citazioni, anche molto alte, sia spirituali che metafisiche. L’ho seguito a teatro e nei monasteri, e quando mi sono sposato, in comune, decisi di farci suonare “E ti vengo a cercare”: quello di quel periodo è il Battiato più metafisico, più classico, di una genialità e meraviglia che ancora mi fa commuovere». 
Nonostante le tante battute su testi spesso così arcani…


«Le battute sui suoi testi si sprecano, ma nello spettacolo dimostrerò che nulla è a caso, anche quando sembra deragliare con cose totalmente folli, in realtà è tutto calcolato, ogni riferimento è linguistico, letterario, religioso o storico. “Centro di gravità permanente” è il bignami delle teorie di Gurdjieff, ma tu la canti e ti diverti. Matteo Ricci che ha lo stesso nome del sindaco di Pesaro, era un gesuita del 500 che voleva davvero entrare a corte dell’imperatore». Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico