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La favola
Nel “C’era una volta” di questa incantevole favola mozartiana, Tamino è il principe azzurro predestinato all’incontro con la fanciulla amata sin dalla visione del suo ritratto; Pamina è la compagna che ne condivide da subito i sentimenti affettuosi. «Tamino - afferma il tenore - è un principe giovane e puro, che ha il suo colpo di fulmine per lei solo a vederne l’immagine.
La vocalità
E sulla vocalità legata alla parte? «Il canto di Tamino, così delicato ed espressivo - sottolinea Garés - è tipico dell’intensità emotiva che si richiede dal compositore per parti del genere. Molta attenzione va posta nel “legato”». «Il canto di Pamina, liricamente assai impegnativo, vuole un suono morbido e caldo, ancorato alla purezza del personaggio. Richiede concentrazione ed impegno», precisa il soprano. L’opera scritta in lingua tedesca pone problemi pone a chi l’interpreta. «La lingua in questo caso ne riflette lo spirito - dicono entrambi -, talché occorre farla propria soprattutto in relazione alle parti dialogate (l’opera è com’è noto un “Singspiel”, un genere tipico dell’area tedesca, composto di canto e recitazione insieme, ndr.). Noi siamo cantanti, non attori di prosa: da qui la difficoltà di passare dalla tonalità specifica richiesta agli uni, a quella legata agli altri».
Lo spettacolo
Alcune anticipazioni sullo spettacolo delle Muse... «È uno spettacolo semplice, giocato sul bianco dello sfondo e con i personaggi a cui è affidato il compito di portare loro i “colori”, nel modo in cui sono vestiti, anche per configurare i mondi contrapposti a cui appartengono. Il regista ha voluto che sul palco i cantanti-attori operassero anche col linguaggio dei corpi. E nella scena figura anche la danza, con i suoi ballerini. Dunque uno spettacolo aperto alle varie arti». Sul palco c’è una compagnia di canto formata largamente da giovani. «Abbiamo costituito - affermano i due artisti - un piccolo laboratorio che si è rivelato funzionale al bene dello spettacolo. Se scorre i nomi della compagnia di canto noterà che ci sono provenienze di paesi diversi, non solo di nazionalità italiana. Ma la disponibilità e l’impegno di ciascuno sono da mettere sullo stesso piano. Del resto è la naturale risposta al coinvolgimento universale della musica di Mozart, e dei valori positivi che in quest’opera si esprimono». Ci è venuto spontaneo ripensare alla bellissima scena iniziale del “Flauto magico” con la regia di Ingmar Bergman, quell’indimenticabile inquadratura mobile su un pubblico di varia età e nazionalità che reagisce partecipe e soddisfatto alle immagini che scorrono. Mozart, si sa, affratella tutti. Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico