Il tenore Garès e il soprano Iacobellis alla vigilia della prima del “Flauto magico” ad Ancona: «È un vero colpo di fulmine»

Il tenore Garès e il soprano Iacobellis alla vigilia della prima del “Flauto magico” ad Ancona: «È un vero colpo di fulmine»
ANCONA “Il flauto magico” di Mozart, o meglio, “Die Zauberflöte”, posto che l’opera è scritta e cantata in tedesco, sta per andare...

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ANCONA “Il flauto magico” di Mozart, o meglio, “Die Zauberflöte”, posto che l’opera è scritta e cantata in tedesco, sta per andare in scena alle Muse (questo venerdì con replica domenica). Alla vigilia dell’opera incontriamo in teatro i due interpreti della giovane coppia di innamorati, Tamino e Pamina: il tenore spagnolo Antonio Garès e il soprano pugliese Maria Laura Iacobellis. Fuori dal palcoscenico, ci fronteggiano con un sorriso contagioso, e ci pare per qualche momento, in una sorta di personale, improvviso transfert identitario di cui Mozart saprà perdonarci, di indossare le vesti del grande Sarastro (non fosse per altro, che per l’età non più verde), il sacerdote custode nel tempio degli alti ideali, che nel felice racconto fiabesco li accoglie e li sottopone ad alcune difficili prove, indispensabili per il raggiungimento della loro felicità. 


La favola


Nel “C’era una volta” di questa incantevole favola mozartiana, Tamino è il principe azzurro predestinato all’incontro con la fanciulla amata sin dalla visione del suo ritratto; Pamina è la compagna che ne condivide da subito i sentimenti affettuosi. «Tamino - afferma il tenore - è un principe giovane e puro, che ha il suo colpo di fulmine per lei solo a vederne l’immagine. Il che ha quasi dell’incredibile. Da quel momento assume una posizione di continuo trasporto amoroso, un’espansione dei sentimenti molto bene espressa nel canto». «Della mia Pamina - gli fa eco il soprano - fuori dal cliché della ragazza innamorata ho cercato di mettere in luce l’umanità dei suoi sentimenti forti e immediati. La chiave, combattuta come si trova tra il bene e il male, sta nel suo coraggio; la soluzione nella continuità del suo amore.


La vocalità


E sulla vocalità legata alla parte? «Il canto di Tamino, così delicato ed espressivo - sottolinea Garés - è tipico dell’intensità emotiva che si richiede dal compositore per parti del genere. Molta attenzione va posta nel “legato”». «Il canto di Pamina, liricamente assai impegnativo, vuole un suono morbido e caldo, ancorato alla purezza del personaggio. Richiede concentrazione ed impegno», precisa il soprano. L’opera scritta in lingua tedesca pone problemi pone a chi l’interpreta. «La lingua in questo caso ne riflette lo spirito - dicono entrambi -, talché occorre farla propria soprattutto in relazione alle parti dialogate (l’opera è com’è noto un “Singspiel”, un genere tipico dell’area tedesca, composto di canto e recitazione insieme, ndr.). Noi siamo cantanti, non attori di prosa: da qui la difficoltà di passare dalla tonalità specifica richiesta agli uni, a quella legata agli altri». 


Lo spettacolo


Alcune anticipazioni sullo spettacolo delle Muse... «È uno spettacolo semplice, giocato sul bianco dello sfondo e con i personaggi a cui è affidato il compito di portare loro i “colori”, nel modo in cui sono vestiti, anche per configurare i mondi contrapposti a cui appartengono. Il regista ha voluto che sul palco i cantanti-attori operassero anche col linguaggio dei corpi. E nella scena figura anche la danza, con i suoi ballerini. Dunque uno spettacolo aperto alle varie arti». Sul palco c’è una compagnia di canto formata largamente da giovani. «Abbiamo costituito - affermano i due artisti - un piccolo laboratorio che si è rivelato funzionale al bene dello spettacolo. Se scorre i nomi della compagnia di canto noterà che ci sono provenienze di paesi diversi, non solo di nazionalità italiana. Ma la disponibilità e l’impegno di ciascuno sono da mettere sullo stesso piano. Del resto è la naturale risposta al coinvolgimento universale della musica di Mozart, e dei valori positivi che in quest’opera si esprimono». Ci è venuto spontaneo ripensare alla bellissima scena iniziale del “Flauto magico” con la regia di Ingmar Bergman, quell’indimenticabile inquadratura mobile su un pubblico di varia età e nazionalità che reagisce partecipe e soddisfatto alle immagini che scorrono. Mozart, si sa, affratella tutti. Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico