Pisani con Follesa, compagna di vita e di scena, in “Ti posso spiegare” alle Muse di Ancona: «Portiamo sul palco la vita a due, ma con ironia»

Pisani con Follesa, compagna di vita e di scena, in “Ti posso spiegare” alle Muse di Ancona: «Portiamo sul palco la vita a due, ma con ironia»
ANCONA - Quante volte si dice al partner: «Ti posso spiegare». La frase suona come una giustificazione, nel caso si venga colti in fallo. O peggio. Ma non...

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ANCONA - Quante volte si dice al partner: «Ti posso spiegare». La frase suona come una giustificazione, nel caso si venga colti in fallo. O peggio. Ma non necessariamente: lo spiega Angelo Pisani, protagonista, con Katia Follesa, compagna di vita e di scena, di uno spettacolo che s’intitola, appunto “Ti posso spiegare”, al Teatro delle Muse di Ancona martedì 5 dicembre, fuori abbonamento.


Allora, cominci intanto a spiegarci il titolo, scelto da lei e Katia, con i coautori Luciano Federico e Alessio Parenti.
«Trae origine dai ripetuti tentativi che ognuno fa, nel rapporto di coppia, per far valere le sue ragioni. È uno spunto, con cui inizia lo spettacolo, per mettere in campo, usando l’ironia, le situazioni topiche che ricorrono nella vita a due, provocando tensioni e incomprensioni. Capire innanzitutto di cosa si stia discutendo. e sorridere poi dei paradossi inconsapevoli, è salutare». 

 
Vediamone qualcuno, di questi paradossi. 
«Come saprà, il nostro precedente spettacolo terminava con la mia proposta di matrimonio a Katia, sul palco, davanti al pubblico. Ora, facciamo vedere cosa può succedere tra quel gesto e la cerimonia di nozze: le varie fasi dei preparativi, dall’organizzazione del pranzo alla scelta dell’abito, e della meta del viaggio di nozze, per non parlare dell’elenco degli invitati». 
Uno psicodramma?
«Esatto. E, a questo proposito, caliamo l’asso della terapia di coppia, che raramente si ha voglia di confessare, anche perché, di solito, serve ad affrontare il tema di come possa cambiare, dopo vent’anni di vita insieme, l’attrazione sessuale. Noi alterniamo sketch a dialoghi con il pubblico, ed è sconvolgente verificare che, chiedendo agli spettatori quanti di loro siano ricorsi alla terapia di coppia, si alzano pochissime mani, in platea. È un tabù tutto italiano: se si va dallo psicoanalista, è meglio non farlo sapere».
Voi, invece, lo raccontate in pubblico, esorcizzando il pregiudizio con la comicità, che nasce da spunti personali. A proposito, vi state per sposare davvero? 
«Non lo sappiamo ancora, è una questione “open”. Magari potremmo farlo ad Ancona, chi può dirlo? Quella mia proposta era seria, ma poi ci siamo detti di prendere tempo, per fare le cose per bene. Però, l’argomento è perfetto per continuare le nostre schermaglie. Cosa c’è di più comico dell’organizzazione di un matrimonio? Follia allo stato puro». 
In questo spettacolo, sei ballerini in scena assieme a voi. Che parte hanno?
«Indispensabili, in un genere tra il musical e il cabaret. Non mi faccia dire di più. Ma sono bravissimi, sotto la guida del nostro coreografo di fiducia, Laccio, che ha chiesto loro, fin dai provini, di sentirsi liberi di improvvisare».
Da anni protagonista di Zelig, ci può spiegare perché non ha mai fatto satira politica?


«Preferisco raccontare la quotidianità, la società. Non mi va di discutere la mia idea politica in un contesto comico. Da parte mia sarebbe un atto di presunzione, perché rispetto chi fa satira politica per mestiere. E detesto chi improvvisa, portando sul palco esternazioni fatte in rete. Quando il pubblico paga, per venire a teatro, occorre rispettarlo. Il talento non basta, ci vuole professionalità». Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico