Montanini alla Mole di Ancona con lo spettacolo “Undiceximo”: «Torno a scagliare saette»

Giorgio Montanini
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ANCONA - Giorgio Montanini torna a scagliare saette. Il bersaglio è sempre l’umanità nelle sue forme e deformazioni. Ma il filtro, stavolta, è la lente degli avvenimenti stravolti dalla pandemia. Lo stand up comedian sarà di scena oggi e domani alla corte interna della Mole Vanvitelliana di Ancona con il nuovo spettacolo “Undiceximo”. Inizio ore 21. Prevendite Vivaticket. 


Montanini, andiamo subito al sodo: lei da che parte sta?
«Sto con le minoranze, da sempre».
Quindi è un no vax?
«Ma per carità! Non mi sono vaccinato per scelta, ma guai ad accostarmi ai no vax. Non sono mica un negazionista, che poi negazionista un tempo lo si diceva di chi nega l’olocausto. Io ho una mia opinione in merito e credo che le case farmaceutiche non sono mica delle onlus».
Ma il suo pubblico che dice? 
«Mi sono reso conto che questa volta è ancora più difficile, perché forse il mio pubblico non la pensa come me. E sento di avere un muro di fronte». 
Vuol dire che il suo pubblico stavolta non è con lei?
«Ma in fondo non lo era nemmeno quando parlavo di Padre Pio. Solo che prima accettavano di ascoltare. Adesso neanche quello. Facciamo a capirci, io non sono mai stato un artista trasversale. Ho sempre spaccato le opinioni». 
Ma allora cosa è cambiato? 
«Questa pandemia ha reso le persone dogmatiche, da una parte e dall’altra. Ed io non sono in nessuna delle due. E la mia posizione non piace, perché io chiedo agli uni e agli altri: ma le vostre convinzioni chi ve le ha date?».
Del resto il riso amaro è sempre stato una costante dei suoi spettacoli, non è così?
«Sicuro, però su questo argomento c’è anche chi non vuole ridere. E allora adotto un’altra strategia. La prendo da lontano, li porto a riflettere su tutti quei leder fasulli e vuoti che hanno fatto sì che in un caso epocale come la pandemia la gente si senta di poter avere delle verità in tasca».
Dunque vuole intaccare le certezze delle persone? 
«Onestamente penso che aveva ragione Lenin: devono comandare le avanguardie. Il popolo non è consapevole. E’ il contesto che rende consapevole il popolo. Se c’è un contesto favorevole alla consapevolezza e all’emancipazione, allora il popolo evolve».
Torniamo a monte: lei come l’ha vissuta questa pandemia? 
«Male, malissimo. Per me il palco è la vita. Ero convinto che mi avrebbero potuto cacciare da qualsiasi palco, ma ce ne sarebbe sempre stato un altro subito dopo. E invece i lockdown, le restrizioni e tutto il resto mi hanno tolto proprio ciò che per me è vitale».
E allora che ha fatto? 
«Come in tutto ciò che faccio non ho accettato il compromesso. Mi sono chiuso in casa e non sono più uscito. Sono caduto in depressione. Ho pensato anche di smettere di fare il comico, ma sono sempre rimasto attento a ciò che accadeva intorno a me. Poi, quando finalmente ci hanno liberato, mi sono ripromesso che non avrei mai più accettato altri lockdown. E così farò».
Lei è stato anche sfortunato: il 22 ottobre scorso è uscito il suo primo film da protagonista e subito dopo è arrivato il secondo lockdown. E’ in aria un’altra passeggiata nella cinematografia?

«Sì, certo. Di sicuro sarò anche nel secondo film di Pietro Castellitto. Poi si vedrà. Ho rifiutato molte proposte nel frattempo. Se devo fare un film, ho bisogno che mi esalti artisticamente. Altrimenti no». Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico