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ANCONA - La didattica outdoor, ossia la scuola all’aperto, non vale solo per i più piccoli. Ma l’on the road coinvolge anche i più grandi, gli studenti universitari che, nelle Marche, trovano più che altrove aule a cielo aperto nei suoi paesaggi. Ad esempio, nel campo della geologia, la nostra regione ha il fascino di avere ben tre “Chiodi d’oro”.
Chiodi, in realtà di bronzo, che indicano dei Gssp o Global Stratotype Section and Point, ossia dei geositi di interesse internazionale. Segnalano che, in quel punto preciso, si trova una successione rocciosa, dallo spessore che varia da pochi ad alcune decine di metri e cela un punto che rappresenta il limite fra due piani della scala cronostratigrafica globale ed è, quindi, uno standard di riferimento per la scienza.
I siti “inchiodati”
Nel mondo, al momento, soltanto un’ottantina di siti sono stati “inchiodati”, dieci si trovano in Italia, tra cui tre nelle Marche.
Il massiccio
Nei giorni scorsi il professore Carlo Urbinati della Politecnica delle Marche ha utilizzato il massiccio del monte Nerone per un’esercitazione multidisciplinare trasversale per gli studenti di scienze forestali e ambientali e di scienza forestali dei suoli e del paesaggio. Tre giorni dedicati alle tecniche di rilevamento per le analisi e le valutazioni multifunzionali in ambienti montani. O come quantificare il valore economico dei benefici che le foreste portano all’ambiente. Gli studenti hanno seguito un corso di geologia alla cava di Gorgo a Cerbara con il prof. De Donatis dell’Università di Urbino, incontrato le proprietà collettive di Serravalle di Carda di Apecchio e di Pieia di Cagli, gli allevatori di equini e bovini sui prati sommitali e studiato la biodiversità erbacea, arbustiva e faunistica dell’area.
La truffle experience
Pochi giorni fa è stato il turno degli studenti del professore Gianni Sagratini della Scuola di Scienze del farmaco e dei prodotti della salute dell’Università di Camerino ad immergersi nei paesaggi. Questa volta nelle terre di Acqualagna per una “truffle experience” nelle tartufaie naturali, artificiali e nel laboratorio di trasformazione dell’azienda T &C. Hanno imparato l’arte della cavatura, riconosciuto patrimonio Unesco dell’umanità, le tecniche di coltivazione fino all’arte scientifico per declinarlo senza alterare i suoi sapori e cucinarlo con innovazione. Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico