ANCONA - Your Future Festival torna a vibrare, tra arte e contaminazioni. E l’Aula Magna della facoltà di Ingegneria si trasforma ancora una volta in un...
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Che è successo?
«“Canzoni per metà” è un disco non facile da digerire. Nel senso che ci sono realmente canzoni a metà. O per lo meno diverse dalla solita struttura classica della forma canzone. Un azzardo che ha fatto sobbalzare una fetta del mio pubblico».
Ha sfidato il suo stesso pubblico?
«Voglio davvero bene al mio pubblico, ma in maniera molto libera e svincolata da costrizioni, ho scritto un album dettato dal mio modo di fare musica. Non ho pensato affatto a cosa si aspettasse la gente da me. Io scrivo ciò che sento di dover scrivere. Se ho sfidato il mio pubblico è stato in maniera del tutto inconsapevole e inconscia».
Nei suoi testi i giochi di parole sono frequenti. Come mai questa cifra stilistica?
«Non c’è nulla di studiato in tutto questo. Io mi diverto a giocare con le parole anche quando scherzo con i miei amici al bar. Mi viene naturale, e succede anche quando scrivo canzoni. E’ diventata la mia cifra stilistica? Bene, ma non è cosa voluta».
Nelle sue canzoni è spesso comparsa una certa Irene. Chi è? La sua musa?
«A dire la verità è un po’ che non compare più nelle mie canzoni. Sì, lo è stata. E’ stata una persona importante che ha fatto parte della mia vita, come altre figure che ricorrono nei miei testi. In fondo scrivo ciò che vivo. E nelle mie canzoni compaiono spesso personaggi che hanno fatto parte, o che fanno ancora parte, della mia quotidianità».
Si sente un po’ l’iniziatore di una scena cantautorale che oggi sta raccogliendo i suoi frutti?
«Un po’ sì. Quando iniziai a suonare e fare concerti non c’era tutta questa attenzione verso i nuovi cantautori italiani. Mi sono trovato a suonare in posti assurdi, per nulla adatti a ciò che facevo. Oggi, invece, questa nuova scena ha la fortuna di aver trovato un pubblico in parte già preparato. E anche i locali di oggi sono più attinenti a questa proposta musicale».
D’arte si vive o si muore?
«L’arte mantiene vivi. Mantiene svegli».
Sanremo?
«Un mostro ancora troppo grande e troppo rischioso per me. Anche se c’è stato un momento della mia carriera in cui sarei potuto andare, ma poi ho preferito di no. Non la vedo come una cosa che si possa concretizzare nell’immediato futuro».
Eppure un Sanremo con lei e tutti gli altri cantautori di ultima generazione sarebbe bellissimo. Non trova?
«Sarebbe fantastico, ma poi chi lo guarderebbe? Noi non siamo personaggi televisivi, anche se riempiamo i teatri o i palazzetti. Sanremo ha più che mai bisogno di personaggi televisivi, che possano tenere incollati allo schermo milioni di italiani di tutte le età. Ci vuole Al Bano».
Un sogno ancora da realizzare?
«Non ce n’è uno in particolare. Anzi, sogno di poter fare musica per tutta la vita. Questo sì, è il mio sogno». Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico