ANCONA -Giovedì alle 20,45 alle Muse di Ancona approda “Coppélia” di Amedeo Amodio, dal racconto di Hoffmann “Der Sandmann”, con...
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Su cosa punta la versione di Amodio?
«Sull’ambientazione del racconto in un set cinematografico. La coreografia e la regia dello spettacolo non sono per niente tradizionali. L’ironia è ovunque, in questo omaggio che il balletto fa al cinema, con l’inserimento di personaggi che sono icone dell’immaginario collettivo».
Così la danza classica si modernizza?
«Alla base c’è la tradizionale classica, senza la quale non ci sarebbe neanche la danza contemporanea. Sulla musica di Delibes, il maestro Amodio ha concepito una coreografia molto attuale, anche se questa versione risale al ‘95. Ha i suoi anni… ma non li dimostra. C’è sempre qualcosa di nuovo che succede in scena, che emoziona. Avevo già visto questo spettacolo e sognavo di farlo. Quando Amodio me l’ha proposto, sono stata felicissima».
Che caratteristiche ha il suo personaggio?
«Anche se il balletto si intitola Coppélia, ruota attorno a Nathaniel e alla sua ragazza, Clara. Lui subisce il fascino della bambola meccanica dagli occhi di smalto, ideata dall’inventore pazzo. È tutto preso dai suoi sogni, da immagini irreali. E io, Clara, cerco di farlo tornare nel mondo reale».
Le capita anche con Alessandro Macario: l’uomo, non l’interprete?
«Lui vive di sogni. Ha mille desideri e li esprime tutti. Infatti, è la persona cui è più facile fare regali: vivendogli vicino, sai sempre cosa desidera in quel momento. Ma occorre riportarlo con i piedi per terra».
Lei è albanese, Alessandro napoletano. Che cosa avete in comune?
«Parecchio: tutta l’Italia, e in particolare quella meridionale, si avvicina molto all’Albania, per la fedeltà alle tradizioni, il senso forte della famiglia».
E lei, ci vive bene, qui?
«Oh, sì! Gli italiani non sanno quanto la definizione di Bel Paese sia adeguata all’Italia. Per voi, la sua bellezza è scontata. Per chi non ci è nato, è più evidente. Dico sempre che vorrei dare a un italiano i miei occhi di straniera, per permettergli di apprezzare quanto è bella».
Le manca l’Albania?
«Certo, lì ho tutta la mia famiglia. Per fortuna ci tornerò a febbraio con “Carmen”. Il mio paese ha i suoi difetti, ma il legame di sangue è un richiamo molto forte, per me».
Il grande balletto è russo, dell’Europa dell’est. Che differenze con la scuola italiana?
«Il balletto italiano non ha nulla da invidiare a nessuno. Carente, semmai, è la promozione dei corpi di ballo. Danzatori preparatissimi come quelli italiani dovrebbero avere più chance di esibirsi. Daniele Cipriani è un produttore molto coraggioso, che cerca di consentire a giovani di talento di fare quello che amano».
Il personaggio da lei interpretato che ama di più?
«Tutti, in modo diverso. Ognuno mi ha fatto crescere».
Il momento più emozionante di Coppélia?
«Il passo a due finale. E il più divertente è quando danzo con gli automi di Charlot, Dracula e Frankenstein».
Una sua definizione di questo balletto?
«Teatro totale, italiano al 100%». Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico