Ceretta direttore dell'opera “Il matrimonio segreto” alle Muse: «Qui si respira proprio un bel clima»

Ceretta direttore dell'opera “Il matrimonio segreto” alle Muse: «Qui si respira proprio un bel clima»
ANCONA - Come recita la massima religiosa greco-antica scolpita nel tempio di Apollo a Delfi? “Conosci te stesso”. Diego Ceretta, giovane direttore...

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ANCONA - Come recita la massima religiosa greco-antica scolpita nel tempio di Apollo a Delfi? “Conosci te stesso”. Diego Ceretta, giovane direttore d’orchestra nato a Milano nel 1996, per parte sua si conosce bene, soprattutto in rapporto alla professione di maestro del podio. Lo incontriamo in questi giorni di prove al Teatro delle Muse, nella sua veste di direttore dell’opera “Il matrimonio segreto” di Domenico Cimarosa alla guida dell’Orchestra Sinfonica Rossini, in programma “in prima” venerdì e in replica domenica. 


Diego Ceretta direttore d’orchestra alle Muse del melodramma giocoso “Il matrimonio segreto”. Vogliamo introdurre l’argomento?
«È noto che in quest’opera l’elemento comico si sposa nella scena all’elemento affettuoso e malinconico. La parte “buffa” è una cornice che avvolge il resto, ma c’è già un’attenzione a sentimenti diversi, ai contrasti amorosi, alle difficoltà emotive. Pensi al recitativo accompagnato del secondo atto, in cui Carolina, la sposa “segreta”, esprime le sue paure verso la minaccia (per lei) del convento, e fa delle considerazioni un po’ amare sulla sua infelice condizione del momento. Sotto il profilo musicale sembra quasi una pagina beethoveniana. Si crea un’atmosfera aperta all’emotività romantica».
E gli elementi salienti della partitura?
«Si può parlare di una partitura perfetta ottenuta “economizzando” da un lato gli strumenti, posto che l’orchestra è per la maggior parte composta da archi, corni, oboi e fagotti; dall’altro facendo economia dei gesti musicali: il compositore centra da subito il particolare passaggio musicale, senza indulgere a eccessive divagazioni, riuscendo ad essere al contempo sintetico ed efficace».
Nel 1791 muore Mozart; nel 1792, anno della prima rappresentazione del “Matrimonio”, nasce Rossini. Una casualità che fa pensare…
«Tentare allora un accostamento in musica? In estrema sintesi, l’organizzazione della sinfonia iniziale dell’opera cimarosiana richiama in qualche misura il Mozart delle “Nozze”, anche se i suoi personaggi hanno qui uno strato psicologico più profondo; per Rossini, con riguardo ad esempio alla sua sillabazione veloce, un leggero richiamo nel “Matrimonio” è quello alla fine dell’aria di Paolino, lo sposo “segreto”, “Pria che spunti in ciel l’aurora”».
Una sua impressione sulla realizzazione dell’opera in corso nel nostro teatro.
«Positiva, sicuramente. I cantanti hanno trovato una loro giusta dimensione in relazione al ruolo. Sono riusciti a conferire un buon ritmo all’insieme, che non significa solo o tanto frenesia, ma un bilanciamento tra mobilità e staticità, a seconda delle situazioni drammaturgiche».
Quali le esperienze più significative della sua attività?
«Ne cito un paio di quelle importanti: la partecipazione, in tempi recenti, alla Masterclass di Direzione d’Orchestra presso l’Accademia Chigiana di Siena (borsa di studio come migliore allievo della classe del corso, n.d.r.); il bel rapporto istaurato con il maestro Daniele Gatti, di cui sono stato assistente al Teatro dell’Opera di Roma (per la prima esecuzione assoluta dell’opera di Giorgio Battistelli “Julius Caesar”)».
Un giudizio infine sulle Muse, segnatamente sotto il profilo dell’organizzazione della macchina teatrale.

«Mi trovo molto bene. Come artisti ci sentiamo tutti protetti e assistiti. Si respira un bel clima. E poi c’è la presenza costante del direttore artistico Vincenzo De Vivo». Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico