L'arte onirica di Bruno d'Arcevia alla Pinacoteca civica di Ancona

Il curatore professor Antonio Luccarini davanti ad alcune opere di Bruno d'Arcevia
ANCONA - L’occhio dell’osservatore non può che cadere rapidamente sui colori accesi, che mutano tonalità ed essenza lungo il percorso espositivo,...

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ANCONA - L’occhio dell’osservatore non può che cadere rapidamente sui colori accesi, che mutano tonalità ed essenza lungo il percorso espositivo, diventando a tratti acidi, sonori e più cupi. Ma la cifra stilistica delle opere pittoriche di Bruno d’Arcevia – all’anagrafe Bruno Bruni – è la temporalità, intesa come esplorazione della storia dell’arte, partendo dalla visione moderna e purificatrice del manierismo cinquecentesco.

 

Sono trentacinque i dipinti che compongono la mostra “Bruno d’Arcevia. La poetica del paradosso temporale”, allestita dall’associazione Marche Atipica presso la Pinacoteca della città di Ancona. L’esposizione celebra la carriera del maestro del neomanierismo italiano ed è corredata da una proiezione di un video che illustra la realizzazione degli affreschi del pittore nella cattedrale di Noto, realizzato dalla Soc. Coop. Le Macchine Celibi. Curata dal professor Antonio Luccarini, la mostra sarà visitabile dalle ore 16 di oggi. 


«L’esposizione - spiega Luccarini - è concepita come un vero e proprio allestimento, dove passato e presente si aprono insieme e dialogano tra loro. Accanto ai dipinti di Bruno d’Arcevia si trovano infatti, in uno scambio continuo, le opere del Maratti e del Guercino presenti in Pinacoteca». Dalle tele dell’artista emergono forme e rappresentazioni cariche di forza, sensualità, ironia e potenza descrittiva, ma il protagonista indiscusso rimane il tempo con le sue modulazioni. Dall’indistinto, infatti, affiora la visione del pittore, l’epifania dell’arte come storia, coscienza e movimento continuo. «L’artista - sottolinea il curatore - rivisita il mito e dialoga con gli antichi. Il paradosso sta nel fatto che egli si esprime nel presente con le forme dei maestri del passato, per allungarsi e proiettarsi nel futuro, creando così un cortocircuito temporale». L’operazione messa in campo dal pittore, che dopo una prima fase di sperimentazione artistica in linea con le avanguardie degli anni ‘60 e ’70 (lavorò con i laminati plastici e fu influenzato dall’artista siciliano Franco Cannilla) non può essere definita passatista. Il suo intento è piuttosto dialettico e nostalgico, individuando nel “ritorno alla pittura” il fondamento della visione artistica. 


«D’Arcevia è come un regista che ha a disposizione gli abiti di una vecchia rappresentazione teatrale ma, avendo dimenticato il copione, li riutilizza per un nuovo spettacolo», spiega Luccarini. Nelle opere presenti in mostra emergono elementi mitologici e classici, ma anche religiosi e barocchi, favolosi e onirici, fino ad arrivare a rappresentazioni della realtà che colgono aspetti del quotidiano e della contemporaneità. La dimensione è quella della storia dell’arte, che conduce in un terreno predisposto a possibilità infinite. «Il fatto che l’arte possa tutto ricorda i lavori di Gino de Dominicis, che ha rappresentato i concetti di invisibile e di eternità», spiega ancora Luccarini. «D’Arcevia - continua il curatore - che fu un intellettuale militante e perciò attento ai rivolgimenti della storia, è riuscito a rompere le lancette del tempo aggirandone l’unidirezionalità». Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico