Tate Gallery: le suffragette, i nudi di donna e la retorica

Tate Gallery: le suffragette, i nudi di donna e la retorica
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Quest’anno ricorre il 100° anniversario del “Representation of People Act” che diede il diritto di voto alle donne del Regno Unito. Un obiettivo ottenuto dal movimento delle Suffragette: termine coniato dal Daily Mail nel 1906, che subito divenne la parola in uso per descrivere le donne che si battevano per il suffragio femminile in Gran Bretagna. Inizialmente il voto fu concesso alle possidenti o alle laureate di almeno trent’anni e, solo nel 1928, fu allargato a tutte le donne. La Tate Gallery di Londra (insieme a molte altre istituzioni) ha scelto di celebrare il centenario del “primo” voto femminile con diverse iniziative che hanno l’obiettivo di rivelare l’influenza del movimento femminista sulla vita e sul lavoro degli artisti presenti nella collezione museale. Una delle opere presentate più curiose è il portfolio che raccoglie una serie di poster prodotto dalle Guerrilla Girls: Do Women Have to be naked to get into the Met. Museum? (Le donne devono essere nude per entrare al Metropolitan?). Il manifesto dichiara che meno del 5% degli artisti presenti nella sezione di Arte Moderna del Met sono donne, ma che ben l’85% dei nudi sono femminili. Forse le Guerrilla Girls sono le suffragette del mondo dell’arte? Certo è che il sodalizio ha lavorato per denunciare le discriminazioni sessuali e razziali in questo ambito, in particolare a New York. Le componenti proteggono la loro identità indossando maschere di gorilla in pubblico. Il loro sito contiene una serie di messaggi e di iniziative irriverenti al fine di spiegare che «Noi usiamo l’umorismo per diffondere informazioni, provocare discussioni». Questo concetto si può trovare nel manifesto che spiega i vantaggi dell’essere un’artista donna: «Essere coscienti che la propria carriera potrebbe decollare dopo gli 80 anni; essere rassicurate dal fatto che qualsiasi tipo di arte che si farà verrà bollata come femminile; potete scegliere tra carriera e maternità». In conclusione, mi sorge il dubbio che se l’eguaglianza, nei diritti, tra uomini e donne ha fatto passi importanti in Occidente, il pericolo di rendere le battaglie femministe cariche di retorica e controproducenti è sempre dietro l’angolo.
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Corriere Adriatico