Scultura e realismo in mostra alla Mole con i bronzetti di Antonio Ligabue

Scultura e realismo in mostra alla Mole con i bronzetti di Antonio Ligabue
La storia delle mostre di scultura del Museo Tattile Statale Omero conta 25 anni, gli stessi dell’istituzione anconetana, unica in Italia per la sua vocazione...

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La storia delle mostre di scultura del Museo Tattile Statale Omero conta 25 anni, gli stessi dell’istituzione anconetana, unica in Italia per la sua vocazione all’accessibilità dell’arte. In coincidenza con la ricorrenza “d’argento”, celebrata in questi giorni con incontri ed eventi, prosegue fino al 24 giugno alla Mole l’esposizione di “Antonio Ligabue. Il realismo della scultura”, a cura di Antonello Rubini.


Ali alla creatività
È una mostra rara, dedicata alla scultura, che ha dato le ali alla creatività del “buon selvaggio dell’arte italiana”, più noto per i suoi dipinti affollati di verde e di animali, di colori accesi e di follia. Fu infatti col plasmare, che Antonio Ligabue mosse i primi passi della sua espressività, modellando l’argilla delle rive del Po, mille volte calpestata nel suo girovagare in cerca di conforto. “Deportato”, dopo la morte della madre, dalla Svizzera a Gualtieri, paese d’origine del patrigno Bonfiglio Laccabue, Antonio si aggirava per la campagna della Bassa lasciandosi afferrare dal fascino della natura locale, immaginando giungle e ambienti tropicali che sarebbero diventati i soggetti dei suoi quadri. Ma intanto creava con le abili mani figurine di animali: bestie addomesticate dal lavoro dei campi e dall’aia, buoi e cavalli da tiro, galline e gatti, cani da caccia e conigli, ma anche leoni e leopardi, lupi e tigri, cinghiali, cervi e scimmie.



Il gallerista Lodi
Fu il gallerista Ennio Lodi di Parma ad apprezzare per primo queste sculture a soggetto animale, e gliene commissionò una cinquantina. «L’artista si dedicò con entusiasmo all’opera, ma non riuscì – ricorda nel suo scritto in catalogo Patrizia Lodi, la figlia del gallerista – a onorare l’impegno con mio padre: una parte delle opere andarono perse o deperirono in quanto in argilla seccata al sole; altre, le vendette lui stesso per raggranellare un modesto compenso. Finalmente, dopo la morte dell’artista, mio padre riuscì a recuperare e a fondere in bronzo una quarantina delle opere realizzate in argilla». Ora trentuno bronzetti sono allineati nelle sale del Museo Omero alla Mole, in un allestimento multisensoriale firmato dall’architetto Alessandra Panzini. Il visitatore, che qui può toccare le opere, è immerso in un’atmosfera avvolgente creata, oltre che dalla sapiente illuminazione che getta riflessi vibranti sui corpi degli animali, da suggestioni uditive e olfattive evocanti la natura. Selvaggia e ribelle, come lui stesso fu sempre, insofferente alle regole e al senso comune come una fiera indomita. Percepì negli animali, anche in quelli addomesticati, la dionisiaca irruenza che non si lascia imbrigliare, che guizza sotto la pelle in fasci di muscoli e tendini d’acciaio.

La vitalità animalesca

Ligabue sentiva sotto le mani rudi e sensibili la vibrazione della vitalità animalesca, e ce l’ha restituita con la sua visionaria irruenza, disciplinata solo dall’equilibrio e dalle proporzioni che ogni elemento della natura possiede in sé. A conferma della sua arte “naturale”, i video documentari diretti dal regista Raffaele Andreassi: “Antonio Ligabue pittore” prodotto da Carlo Ponti e “Lo specchio, la tigre e la pianura” prodotto da Achille Filo. Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico