Apre i battenti Musicultura 2018. Si comincia stasera al Teatro della Filamonica di Macerata con le fasi preliminari delle audizioni. In tutto sono 60 gli emergenti in gara, con...
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Come mai la scelta di un tributo a questa icona brasiliana?
«Perchè non ho mai sentito una voce più bella di quella di Mercedes. E’ stata la voce che mi ha fatto riconsiderare il significato del termine cantare. Una voce colma di sonorità, un tesoro che spalanca l’anima».
Cosa c’è nella figura di Mercedes che l’ha colpita maggiormente?
«Ho sempre ammirato, insieme al suo formidabile talento, il coraggio di utilizzare la sua voce come strumento di mediazione per tutti gli uomini messi a tacere dalla violenza, dall’ingiustizia e dall’abbandono».
Un’artista di concetto, dunque?
«Esistono intellettuali e sapientoni. Esistono artisti e pupazzi che indossano la maschera della protesta per poi toglierla dietro le quinte. Mercedes Sosa ha conosciuto l’esilio e un’indicibile sofferenza per le sue scelte, ma ha continuato a cantare sui palchi più prestigiosi del mondo».
A Musicultura proporrà solo brani di Mercedes Sosa?
«In realtà no. Lo spettacolo sarà un’ospitata di circa mezzora. Dunque proporremo sicuramente qualche brano dell’album omaggio a Mercedes, ma faremo anche canzoni tratte dal mio repertorio. Una sorta di piccolo greatest hits, per rispolverare anche brani che non facciamo da tempo».
Dopo la world music cosa c’è nella sua carriera?
«Ho iniziato a lavorare al prossimo disco, che con tutta probabilità vedrà la luce dopo l’estate. Siamo già in fase di registrazione, e si chiamerà “Canzoni arrabbiate”. Si tratta di brani scritti e lasciati in un cassetto. Oppure canzoni che eseguivamo solo dal vivo. Adesso hanno trovato la collocazione giusta».
Perchè arrabbiate?
«Perchè sono canti che vanno controcorrente. Hanno in sé la rabbia espressiva e sonora, ma mai una rabbia fine a sé stessa. Credo che questo sia il momento più adatto per far sentire una voce fuori dal coro».
E di cosa tratteranno i testi?
«Innanzitutto saranno canzoni di denuncia. Ma non avranno l’unico intento declamatorio di fare arringhe o invettive. Sono testi profondi e densi di significati che si appoggiano molto bene al contesto sociale in cui ci troviamo».
La musica può ancora muovere le coscienze?
«Penso proprio di sì. E tutti insieme possiamo cambiare la realtà che ci circonda. O almeno io lo spero. Mi piace pensare che la musica possa ancora mettere in marcia le persone, verso una realtà migliore». Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico