ELisa Ricci, 31 anni, è una delle tante volontarie Airc che, nelle Marche, si dedica con passione a sostenere l’associazione. Di professione avvocato, Elisa è...
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Come è sorta l’idea di far parte di questa associazione?
«Sono volontaria da circa-3-4 anni. Il mio primo contatto con l’Airc è stato attraverso il gruppo Rotarac della mia città. Ora sono diventata presidente. Abbiamo scelto l’Airc per fare una raccolta di fondi e, di lì, ho deciso di rimanere e di continuare a collaborare per aiutare la ricerca».
Una scelta impegnativa, quella di volontaria.
«L’Airc la conoscevo da prima. Poi, mi sono sentita in dovere di rendermi utile, è un’associazione valida e trasparente e così mi sono detta: ci metto la faccia».
Quanto ha influito l’esperienza di sua madre in questa decisione?
«Mamma, dieci anni fa, ha scoperto di avere un cancro al seno, ora sta bene, è stata operata nell’arco di due giorni. Il mio obiettivo è quello di far capire che il tumore si può curare ma tutti insieme dobbiamo fare qualcosa. Dietro all’Airc, c’è una grande macchina e noi, donando il nostro tempo, possiamo dare un piccolo contributo».
In cosa consiste fare la volontaria per un’associazione di tale spessore?
«Ci sono tre giornate clou per l’Airc: oltre alle Arance per la salute, ci sono i Cioccolatini e poi le Azalee. In queste tre, importanti, occasioni, si scende in piazza , ci si organizza con gli altri volontari e poi si provvede a vendere le arance o le azalee. Per quanto mi riguarda, dedico del tempo. Il mio obiettivo è quello di sensibilizzare le persone, soprattutto i giovani. Stando in piazza, mi è spesso capitato che tanti ragazzi mi abbiano chiesto di come si possa diventare volontario, è stato molto bello e mi sono emozionata. Queste cose ti aiutano a crescere. Coinvolgere i giovani è un passo fondamentale perché saranno le nuove generazioni a portare avanti la ricerca. Per questo motivo, dalle piazze, torno sempre arricchita perché dare anche solo una parola di conforto alle persone che si avvicinano, mi fa star bene. Torno a casa che ho avuto davvero tanto. E’ il cuore che conta e non altro».
Anche tua madre è volontaria?
«No, non lo è mai stata ma, senza dubbio, la sua malattia mi è stata di stimolo per prendere alcune decisioni. Ora, però, mamma è fuori dal tunnel».
Un messaggio ai giovani?
«Credo sia fondamentale stare sul campo, noi non siamo ricercatori e questo è il solo modo in cui possiamo dare una mano. Dobbiamo esserci, soprattutto per sensibilizzare loro, i giovani appunto, come me: noi siamo il futuro. Dobbiamo far capire che dietro l’Airc c’è tanta gente che si impegna e che la ricerca va sviluppata».
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Corriere Adriatico