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Regioni in ordine sparso
Dalla ricerca emerge che le persone con diabete responsabili, attente ai controlli periodici e pronte ad informarsi sulla propria patologia, ma usurate da burocrazia, attese lunghe e difficoltà nella vita quotidiana, soprattutto a scuola e nel passaggio all’età adulta. Le Regioni - sottolinea Cittadinanzattiva - procedono in ordine sparso anche in presenza di un Piano nazionale diabete, con differenze rilevanti nella organizzazione dei servizi, nella messa a punto ed erogazione dei percorsi diagnostici, terapeutici ed assistenziali, nella imposizione del ticket e nel controllo dei tempi di attesa con cui sono erogati i controlli.
Le Marche collaborative
L’indagine, messa a punto da un tavolo di esperti, ha coinvolto, tramite questionari online, 4.927 pazienti e 245 professionisti sanitari di tutta Italia; 15 invece le Regioni che hanno collaborato compilando il questionario messo a punto da Cittadinanzattiva e dal tavolo di lavoro: Abruzzo, Basilicata, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Molise, Piemonte, Puglia, Sardegna, Toscana, Trentino Alto Adige, Valle d’Aosta, Veneto. Solo al 20,3% sono stati garantiti corsi sulla gestione della patologia e il 62% fa da tramite tra il medico di medicina generale e lo specialista per garantire l’integrazione. Si attende anche un anno per la prima visita diabetologica e un anno e mezzo per quella endocrinologica. E accade anche che i pazienti siano costretti a fare centinaia di chilometri per la visita di controllo al centro diabetologico e per un colloquio che in molti casi dura solo pochi minuti e non sempre con lo stesso specialista.
Calendarizzazione inesistente
La maggior parte (più del 47%) deve prenotare autonomamente le visite o gli esami di controllo; in egual percentuale deve ricordare tutte le visite da solo non essendoci un sistema di calendarizzazione degli appuntamenti. Chi fa uso di dispositivi innovativi per la gestione del diabete (40%) lo fa per lo più a proprie spese, ad esempio il 49,6% acquista i sensori per la glicemia privatamente, con lo smacco per di più che lo stesso dispositivo risulta essere gratuito in altre Regioni italiane. Le differenze regionali non finiscono qui: il 21,8% paga un ticket sui farmaci; il 76,6% non ha accesso al numero necessario di strisce o sensori per limitazioni nella prescrizione. Solo il 12% afferma di essere inserito in un Percorso diagnostico, terapeutico ed assistenziale (Pdta): laddove questo avviene ha effetti positivi sulla qualità di cura e di vita della persona, che riscontra un maggiore controllo della patologia, più informazione e ascolto e un accompagnamento reale nella cura.
Troppe le disuguaglianze
«A distanza di sei anni dall’approvazione del Piano nazionale sulla malattia diabetica c’è ancora molto da fare per la piena e concreta attuazione dei diritti delle persone con diabete - spiega Tonino Aceti, coordinatore nazionale del Tribunale per i diritti del malato e responsabile nazionale Cnamc di Cittadinanzattiva - Sono troppe e insopportabili le disuguaglianze regionali nell’accesso ai servizi e alle vere innovazioni tecnologiche».
Il report nel dettaglio
Nel dettaglio il report ha evidenziato che gli intervistati sono affetti in grande maggioranza (72,8%) da diabete di tipo 1, prevalentemente in età lavorativa attiva (40-64 anni) o sono genitori di bambini o ragazzi (17,5%). Sono persone responsabili ed esperte nella gestione della malattia, che effettuano le necessarie visite di controllo (il 65% ha consultato almeno una volta nell’ultimo anno un oculista ed il 40% un cardiologo) e tutti gli esami diagnostici necessari, e che svolgono regolarmente attività fisica (56,6%). Infatti, solo il 6% è dovuto ricorrere a un ricovero ospedaliero ed oltre la metà non ha avuto complicanze nell’ultimo anno. Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico