STACCIOLA - Non è un caso che la famosa “crescia d’la Stacciola” sia stata inserita, dal 2014, nell’elenco dei prodotti tipici regionali dal...
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La storia
L’uso di un “forno comune” è continuato fino agli anni ’70: per risparmiare la legna, una volta alla settimana, tutte le famiglie del paese preparavano il pane rispettando un preciso calendario, affisso alla porta del forno. Una buona cottura garantiva il mantenimento del pane per tutta la settimana e, allo scopo di testarne la giusta temperatura, si pensò di provare a cuocere una piccola parte dell’impasto, per verificare che la cottura avvenisse in un tempo molto breve. La fragranza e il profumo del piccolo e gustosissimo prodotto che ne usciva attirava i ragazzini del borgo che accorrevano per gustarlo. Ogni famiglia lasciava l’impasto al naturale o lo arricchiva con olio, sale, rosmarino o cipolla e, in alcuni casi, anche zucchero.
La scuola della crescia
Non esistono più segreti relativi alla preparazione della mitica crescia di Stacciola: ci sono addirittura dei corsi per imparare le antiche tecniche, con tanto di attestato. Gli ingredienti fondamentali sono: farina, acqua e lievito. La farina più utilizzata è quella bianca di frumento di tipo 0 o 00,1 o 2 differenziate tra di loro in base al contenuto in fibre e proteine. Il lievito è quello di birra, formato dalla melassa delle barbabietole, riattivato in acqua tiepida, così come l’impasto da far lievitare che deve trovarsi ad una temperatura ambiente di almeno 25°. L’acqua va scelta a metà tra quella dura e quella dolce: l’acqua dura rallenta la fermentazione ed irrigidisce il glutine, quella troppo dolce rende l’impasto colloso. Lo strutto non è un ingrediente fondamentale, ma la rende più friabile e gustosa. Il vero segreto però è nel forno: non servono solo buoni ingredienti e forza nell’impastare, la cottura è una delle fasi fondamentali per la riuscita di una ottima e saporita crescia.
Quattro forni e fascine pronte a marzo
Gli abitanti di Stacciola (o della Stacciola) tengono così tanto alla loro sagra, la cui 31° edizione si svolgerà da oggi fino a lunedì, da iniziare a marzo a raccogliere la legna di vite in fascine per accatastarla vicino ai quattro forni principali: alcuni giorni prima della festa ne saranno bruciate diverse, per togliere l’umidità, in modo che i giorni della festa i forni raggiungano, in breve tempo, una elevata temperatura. Gli ingredienti per ottenere questo favoloso prodotto sono semplicissimi, ma il forno dona un’impronta inconfondibile sia per l’alta temperatura che per il profumo che deriva dalla combustione dei tralci di vite. Per una tradizione che si tramanda dal 700, come testimoniano i documenti raccolti dal Comitato cittadino, ora presieduto da Paolo Gioacchini, occorrono sapienti mani, rasagnol (mattarello), sale, pepe, strutto, cipolla, rosmarino e olio. Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico