È una storia tutta al femminile quella di Dolores Prato. Ed è difficile dare dei contorni alla vita di questa figura così luminosa per la nostra letteratura e...
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese
oppure
1€ al mese per 3 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
Quel piccolo paese-città
Di quel piccolo paese, con dignità di città con tanto di bolla papale dal 1790, ha fatto il suo mondo, raccontandolo nei dettagli minuti di una vita piccola da villaggio, frammenti di esistenze tutte uguali e tutte diverse in cui la Storia è soltanto un’eco, che Dolores Prato alla soglia dei 90 anni ha raccolto nel capolavoro “Giù la piazza non c’è nessuno”.
È una specie di “Recherche” proustiana al contrario quella di Dolores Prato. Il tempo è un cerchio come il grembo di sua madre, la prima donna a cambiarle la vita. Padre ignoto, Dolores venne lasciata prima a balia in Ciociaria e poi affidata all’età di un anno agli zii di Treia don Domenico e Paolina Ciaramponi. A quella madre che non ha saputo e potuto rispondere ai mille perché di una vita già in partenza piena di dubbi e carica d’eccezionalità, Dolores Prato dedica la sua riflessione sul tempo, il cui paragrafo inizia proprio con la parola “Madre”. Madre mai veramente avuta, né conosciuta. È a Treia che Dolores infatti cresce e matura fino al 1912, in compagnia dello zio Domenico, detto Zizì, che poi per problemi economici e contrasti con le autorità ecclesiastiche emigra in Argentina, dove morirà.
In assenza dello zio
È negli anni di assenza dello zio che Dolores incontra la seconda donna determinante della sua vita. Accolta nel 1905 nell’Educantato della Visitazione delle Salesiane di Treia, la giovane Prato resta affascinata dalla singolare figura di Suor Maria Masi “Madrina”, sorella di un generale, amica del gran maestro di massoneria Adrano Lemmi e appassionata di Carducci. «A lei Prato tributò un vero e proprio culto che diviene monumento letterario in Le ore», riporta il libro #leviedelledonemarchigiane. Tra le donne marchigiane proprio Dolores Prato, che a Treia e al maceratese rimane sempre legata. «Io abito ancora a Treja pur non avendola più vista da quell’età piccola che non invecchia» scrive. Dalla provincia maceatese si sposta solo per il Magistero a Roma, poi la laurea, l’insegnamento delle materie letterarie a Sansepolcro, Macerata, San Ginesio.
Gli amori tormentati
Gli amori sinceri ma tormentati e instabili, prima con l’etnografo Paolo Toschi, poi con Domenico “Donì” Capocaccia, intellettuale vicino ai comunisti che la convince al trasferimento a Milano e la introduce negli ambienti culturali della sinistra romana. Naufragata la relazione con Capocaccia, Dolores Prato torna a Roma dove si mantiene con lavoretti saltuari, collaborazioni giornalistiche e ripetizioni. Poi l’amore con l’eroe della Resistenza ligure Andrea Gaggero, che dopo una ventina d’anni però la lascia preferendo un’altra donna.
L’incessante ricerca
È una incessante ricerca quella di Dolores Prato, che lotta contro il continuo senso di abbandono, quello primordiale della madre, ma che pure la rende tenace e appassionata: “Avevo scritto sull’acqua la parola AMO” racconterà nel suo romanzo. Amore mai perduto per la parola evanescente. Così fra gli anni Sessanta e Settante si dedica al ricomporre il puzzle delle proprie origini. Conserva, annota, scrive e alla fine degli anni Settanta, a 88 anni, produce più di mille cartelle di manoscritto. È un’amica a fare da mediatrice presso Einaudi. Alla casa editrice il manoscritto approda, a tagliarne quasi i due terzi è Natalia Ginzburg, un’altra donna. La prima edizione esce nel 1981. Da quel momento Ginzburg diventa la custode fedele delle parole di Dolores. Prima dell’edizione integrale che vedrà la luce nel 1987. Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico