Adalgisa Breviglieri, bandiera rosa paladina dei diritti delle donne

Adalgisa Breviglieri
Bandiera «rosa» la trionferà! Quando persino il neonato partito degli ultimi e degli oppressi, quello Comunista, sembrava essere sordo alla questione femminile,...

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Bandiera «rosa» la trionferà! Quando persino il neonato partito degli ultimi e degli oppressi, quello Comunista, sembrava essere sordo alla questione femminile, ci fu una donna, bolognese di nascita, ma anconetana di adozione, che tentò di sovvertire quest’impostazione. Una figura anticonformista ed all’avanguardia, se si pensa che già negli anni ‘10 e ‘20 rivendicava l’importanza dell’emancipazione femminile, in netta controtendenza rispetto ad un mondo che relegava la donna ad un ruolo subalterno rispetto all’uomo. Il suo nome era Adalgisa Breviglieri, femminista ante litteram e comunista della prima ora, con un cuore da educatrice.


La questione femminile 
La storia di questa donna tenace e combattiva, poco incline al compromesso, è ripercorsa nelle pagine del libro «#le vie delle donne marchigiane: le biografie», in una sezione a lei dedicata, curata da Massimo Papini. Un intelletto sopraffino, quello di Adalgisa, che la porta a svolgere una delle poche attività di pensiero, per così dire, concesse alle donne tra fine ‘800 ed inizi ‘900, quella della maestra. Durante il primo conflitto mondiale, ad esempio, insegnò nella frazione di Gallignano (An). La battaglia sindacale per il corpo insegnanti e per l’istituzione della scuola serale e festiva saranno i suoi lasciti nel mondo dell’istruzione, ma è l’accento posto sulla questione femminile a definirne al meglio il carattere. All’indomani della Prima guerra mondiale, entra a far parte del Partito Socialista ed inizia a collaborare alle riviste «La difesa delle lavoratrici» e «Bandiera rossa», dimostrando subito la sua preparazione e la sua volontà di patrocinare i diritti delle donne nelle sfere pubblica e privata. Il saggio di Papini riporta il parere della polizia che su di lei aveva puntato una lente d’ingrandimento e che ci aiuta a definire meglio questa figura così poliedrica. «Di soda educazione, colta ed intelligente, è attivissima nella propaganda, specialmente nella classe operaia femminile, con molto profitto»; così appariva Adalgisa alle forze dell’ordine. Ed il suo impegno non si limitò alle fabbriche, ma lasciò emergere anche problemi fino ad allora rimasti ai margini del dibattito sociale e politico, come quello delle donne sole, ma con familiari a carico.

Aderisce al partito comunista 
Quando il 21 gennaio 1921 nacque a Livorno il Partito Comunista d’Italia, Adalgisa salutò con estremo favore l’evento, aderendo da subito al progetto. Sorto il Pcdi, si trattava di organizzarlo nei territori, nei posti di lavoro e nelle organizzazioni di massa e, sebbene fosse debolissima la presenza femminile in tutte le Marche, la stimata maestra elementare di Ancona divenne uno dei punti di riferimento del partito. Il passaggio dal socialismo al comunismo non si tradusse, per Adalgisa, in uno scollamento dagli ideali per cui si batteva e tornò a puntare l’accento sulla questione femminile, arrivando anche a tenere una rubrica sull’argomento sulle pagine di Bandiera Rossa. La sua lotta per la parità dei sessi e per l’emancipazione femminile non conoscerà tregua e proseguirà anche nei difficili anni della salita al potere del fascismo, quando continua ad inneggiare alla festa delle donne anche di fronte al machismo di Mussolini ed co.

Una figura unica 

Persino i suoi funerali sono stati un’occasione di lotta per la giustizia sociale. Morta a soli 51 anni per una malattia che non le ha lasciato scampo, fu di ispirazione per molte persone, che già durante la cerimonia funebre diedero vita ad una manifestazione popolare di evidente carattere antifascista. E questo in un periodo in cui il partito di Mussolini perseguitava i membri del Pdci dall’alto del suo potere ormai consolidato. Il delitto Matteotti, che per un attimo aveva fatto vacillare l’autorità del Duce, era ormai stato archiviato ed il fascismo si apprestava a trasformare l’Italia in una dittatura con l’istituzione delle «leggi fascistissime». Il fatto che in un clima come questo, il funerale di Adalgisa divenne una manifestazione contro un governo violento e autoritario, la dice lunga sulla forza di questo personaggio, che non smise di ispirare la lotta neanche dopo la morte. Nobile ed elegante, apparentemente in contrasto con l’idea che si ha della donna proletaria di inizio ‘900, Adalgisa Breviglieri rappresenta una figura più unica che rara nella storia marchigiana e la sua storia è raccontata anche all’intrno del libro Donne comuniste nel ventennio fascista di Patrizia Gabrielli e nel Dizionario biografico del movimento sindacale delle Marche 1900-1970 di Roberto Giulianelli, nonché nelle Biografie di comunisti marchigiani da Livorno alla clandestinità di Papini. Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico