Mafalda Minnozzi: «Il mio canto libero pieno di amore è arrivato in Brasile»

Mafalda Minnozzi
La voce di Mafalda Minnozzi sa di terra, di acqua e di radici. Le ultime sono rappresentate dai genitori che da Pavia la portano a vivere, quando è ancora molto piccola, a...

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La voce di Mafalda Minnozzi sa di terra, di acqua e di radici. Le ultime sono rappresentate dai genitori che da Pavia la portano a vivere, quando è ancora molto piccola, a San Severino Marche. Il cambiamento non è facilissimo per la futura ambasciatrice della musica italiana in Brasile, dove la cantante nel corso di vent’anni finirà per incidere dodici cd, duettando con artisti come Milton Nascimento e Toquinho. 


L’infanzia molto dura
«Ho avuto un’infanzia molto dura: i miei gestivano il bar-ristorante-tavola calda al centro del paese, un ambiente inadatto a una bambina» esordisce l’artista, che a distanza di molti anni dice di aver fatto pace con San Severino. I suoi abitanti di oggi non sono del resto gli stessi di allora, soprattutto per via del terremoto, un evento che per la cantante «ha frenato la corsa al consumismo», spingendo le famiglie a parlarsi un po’ di più. «L’ignoranza e il senso di inutilità» restano però dietro l’angolo ed è anche per questo che la cantante ha deciso di organizzare per il prossimo 10 dicembre uno spettacolo di grande musica e arte varia (presenti attori teatrali e di fiction) nel teatro della cittadina, il cui ricavato sarà destinato a finanziare la ricostruzione del palcoscenico del cinema-teatro Italia, uno dei molti edifici di San Severino gravemente danneggiati dal sisma. 

Nuovo cinema Paradiso
E chissà che nella scelta di “Nuovo cinema Paradiso”, dalla vocalist indicato come il suo film preferito, non ci sia anche un po’ di “saudade” nei confronti di un passato da lei dipinto in chiaroscuro. «A sedici anni me ne sono andata via di casa», confessa a un certo punto, soffermandosi su cosa significhi per una ragazza che ha trovato nel canto il suo modo per comunicare con il mondo «e per buttare fuori la rabbia che avevo dentro», staccare la spina al rapporto con la famiglia. «È stato faticoso, certo, ma insieme mi sentivo dentro una grandissima voglia di vivere e di consolidare i miei ideali». 

I primi lavori
Lavorando qui e là, Mafalda comincia così a studiare a fondo il canto, accorgendosi man mano di stare imparando ben più che nozioni tecniche dai suoi idoli musicali: «Ho letto molta più storia nei testi di Bruno Martino, Lucio Dalla, Pino Daniele e di Paolo Conte, il mio re - spiega - e mentre oggi basta che fai clic e trovi tutto, mi ricordo di avere scoperto Vinicius de Moraes e Fernando Pessoa già da piccola. Ai tempi dovevi farti arrivare i libri in biblioteca da lontano», continua, e chissà che quei pacchetti non suscitassero qualche curiosità anche in chi li consegnava. Con analogo sentimento Mafalda approfondisce il mistero che si cela nella sua stessa voce, studiando con Saverio Marconi della Compagnia della Rancia e con Gustavo Palumbo nella sua scuola dedicata al canto napoletano, alle origini del canto moderno. Il legame con l’italiano si consolida a tal punto da spingerla tuttora ad affidarle il cinquanta per cento del repertorio: «Sono stata anche la prima a portarla nel Birdland di New York», precisa. A gennaio Mafalda vi tornerà insieme con i molti altri locali che toccherà durante una tournée di due mesi con Paul Ricci. Con il chitarrista italo-statunitense la vocalist canta anche in inglese, francese e poi in portoghese, la «lingua sinuosa» del Brasile, un paese che ha girato in lungo e largo: «Ho visto da vicino ghepardi e altri animali e ho conosciuto la mia amatissima Bettinha, la sarta che cuce gli abiti che mi disegno da sola», svela. 

Mafalda diventa insomma una giramondo che ancora oggi ama del viaggio l’aspetto interiore che arricchisce l’anima. Vivere all’estero, però, non è così romantico come potrebbe pensare un provinciale: «A New York cambia tutto molto velocemente e in Brasile è ancora peggio: il “sempre” là non esiste». 

Il nodo della criminalità
Nella terra sudamericana che le ha regalato la fama, oltretutto, la criminalità è ancora molto diffusa: «Ed è stato anche per questo che mio marito Marco Bisconti, che è anche il mio impresario, a un certo punto se n’è tornato in Italia». Il loro amore, però, è andato avanti, nutrendosi, forse, anche di quel pizzico di nostalgia in più che regala la distanza. Per l’artista, comunque, il marito resta «il baricentro» della sua esistenza, dopo averlo adocchiato su una spiaggia di Civitanova Marche, in una calda giornata del luglio 1985, mentre stava giocando a beach volley. «Era un ragazzo quieto», dice. Facile immaginare la forza travolgente della loro unione, che le permette di diventare come è adesso.

«Non mi sento arrivata»
«Ma io non sento di essere arrivata da nessuna parte», obietta, aggiungendo di non essere mai stata attirata dalle luci del palcoscenico. «Cantare - afferma invece - è l’atto finale di un percorso», fatto di studio, «gestualità, forza interiore e coscienza». Il suo essere «un po’ naif», come si definisce, la protegge da mani e proposte equivoche ed è così che Mafalda impara a non porsi «mai al centro», sottolinea con una certa solennità. 

Un aneddoto che spiega molto
Per spiegarsi meglio, racconta un aneddoto: «Un giorno, durante un concerto, sono saltate le luci sul palco e mi sono ritrovata a dover cantare a cappella: neanche in quel momento ero al centro». Che cosa conta, allora, per lei? Semplice, ma solo all’apparenza, la sua risposta: «Al centro è l’amore, in tutte le sue forme: è l’amore l’unica parola che mi fa vivere».

Quell’episodio al risveglio

Per ribadirlo ancora meglio, Mafalda racconta un altro piccolo episodio che le è successo poco prima, al risveglio. Un dettaglio, se vogliamo, ma che diventa illuminante se incastonato nel quadro appena descritto: «Ho aperto le persiane di questa casa molto centrale che ho preso in affitto per mia madre e ho visto davanti a me una coppia di sessantenni che camminava abbracciata sotto l’ombrello: come mi hanno vista, si sono girati per farmi ciao con la mano, lanciandomi un bacio perfettamente sincronizzati. Ecco, è questa la vera ragione dell’essere». Regalare emozioni, in definitiva, è l’unica strada percorribile per «abbattere muri e avvicinare la gente». Perciò ai suoi compaesani dice: «Venite a vederci: partiremo insieme per un viaggio indimenticabile». Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico