Lia l'ebrea di Ancona, che rifiutò le avances di Giacomo Casanova

Giacomo Casanova
Di questa intrigante e seducente figura di donna anconetana non si conoscono i dati anagrafici perché la sua enigmatica identità è nascosta da un nome...

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Di questa intrigante e seducente figura di donna anconetana non si conoscono i dati anagrafici perché la sua enigmatica identità è nascosta da un nome fittizio “Lia” a lei assegnato, nelle sue Memorie, dal celebre Giacomo Casanova. Correva l’anno 1772: Casanova si ritrovava, di nuovo, nelle Marche -quasi 30 anni dopo dall’ultima volta che vi aveva preso soggiorno- a ripercorrere la strada che da Senigallia conduceva ad Ancona. Ancona era un nome che al più famoso dei seduttori evocava la giovanile scoperta oltre che di una sessualità libera e gioiosamente trasgressiva, di cibi raffinati e afrodisiaci, di vini inebrianti e, in particolar modo, di una condotta di vita che, malgrado le restrizioni imposte dal governo del Papa-Re, rivelava invece, un gusto pieno ed esaltante per la vita e i suoi piaceri.


Quel viaggio in calesse
Nel calesse che lo portava, ancora una volta, in una città così carica di nostalgici ricordi, aveva fatto la conoscenza di un affabile compagno di viaggio, l’ebreo anconetano Mardocheo, che si era impegnato a dargli vitto ed alloggio presso la sua bella casa affacciata sulle acque del porto. E proprio nella ricca dimora prospicente l’Adriatico, Giacomo Casanova ebbe la possibilità di incontrare Lia, la bellissima e conturbante figlia dello stesso padrone di casa. Utilizzando l’arma della diffidenza- una infamante diceria sosteneva che il popolo d’ Israele fosse solito avvelenare il cibo destinato ai cristiani-Casanova pretese che la bella Lia prendesse, ogni giorno, i pasti assieme a lui nella sua stessa camera. E così, giorno dopo giorno, il grande seduttore cominciò a circuire l’avvenente ragazza, cercando ogni volta di farle commettere piccole, ma incoraggianti e significative, trasgressioni. Se egli doveva consumare tipici piatti ebraici, come il salame d’oca, per tutta risposta la giovane doveva venir iniziata al gusto, proibito per la religione ebraica, dei saporiti frutti di mare. Lia, nel frattempo, rispondeva alle avances con una ambigua condotta: mentre non si vergognava di esibire generosamente le sue forme prosperose e mostrandosi molto incuriosita ed interessata attorno ai misteri del sesso, ogni volta che Casanova introduceva maliziosamente l’argomento, frenava ogni galanteria.

Un freno alle avances
Servendosi di un’opera dell’Aretino illustrata da immagini oscene Giacomo provava ad eccitare Lia mostrando i giochi dell’eros in tutte le forme possibili e tentando palpeggiamenti e abbracci proibiti. Lia resisteva agli assalti minacciando un suo definitivo allontanamento. Ma Casanova ormai s’era perdutamente invaghito della bella ebrea e da esperto cacciatore quale era, ora era finito per diventare facile preda delle voglie e dei capricci della ragazza. Nessun regalo, dai profumi ai vini rari e costosi, era riuscito a far breccia nel cuore di Lia che, dapprima sembrava invitare, poi, con gesti fermi, respingeva i tentativi del veneziano. Proprio perché Lia opponeva una così tenace resistenza ai suoi assalti in lui cresceva il desiderio di possedere quell’impareggiabile bellezza che, nonostante i rifiuti categorici, finiva per svelare, ad ogni incontro, sempre qualche cosa in più. Una notte in cui, per una cattiva digestione, non riusciva a prendere sonno, trovandosi a girovagare per le stanze della grande dimora di Mardocheo, egli fu attratto da alcuni rumori che venivano da una camera al pianterreno. Scalzo, badando a non fare, a sua volta, alcun rumore, scese per vedere cosa stesse accadendo. Illuminati dalla luce di una flebile lampada apparvero in completa nudità i corpi avvinghiati di un ragazzo ed una ragazza. La giovane – era la bella Lia-ripeteva posizioni, movimenti e slanci, che aveva osservato nel libro di Casanova, con un focoso giovanotto della sua stessa età. 

La profonda umiliazione

Casanova si sentì profondamente umiliato dalla spregiudicatezza della giovane che mentre si era negata alle sue voglie, mostrava di concedersi senza alcun pudore al proprio giovane amante. Una amarissima lezione di vita. Era il primo segnale della fine della più calda ed eccitante stagione della sua vita. L’impenitente libertino venne a sapere, anni dopo, che la avvenente Lia era andata in sposa ad un ricchissimo e potente nobile marchigiano. Dopo le nozze la ragazza aveva lasciato Ancona e aveva seguito il marito nella citta di Pesaro dove era diventata una dama ammirata e riverita. Dell’avventuroso percorso esistenziale di Giacomo Casanova, Ancona aveva dapprima benedetto i giorni della sua “primavera” ed, alla fine, aveva salutato l’inizio della sua “fase autunnale” tramite la bella ebrea che umiliandolo, si era vendicata di tutte le vittime del grande seduttore. Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico