BELMONTE PICENO - Silvia Mezzanotte porta in scena le sue “Regine”. Questa sera (21,15) nel piccolo teatro di Belmonte Piceno, l’ex voce dei Matia Bazar...
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Silvia, quando hanno influito queste “Regine” nella sua formazione artistica?
«Sono state fondamentali prima di tutto per la formazione umana, poi per quella artistica. Fin da bambina i miei ascolti volgevano alle belle voci femminili, ma ero prigioniera di una forte timidezza e di un senso di inadeguatezza».
E come ha vinto questo ostacolo?
«Ho approfondito l’aspetto umano di queste interpreti e autrici, e ho trovato molte affinità. E’ stato questo a darmi coraggio e a farmi uscire dalla mia bolla. Poi c’è stato un episodio centrale».
Ce lo può raccontare?
«Ero molto giovane. Una sera mi trovavo a cantare in un piccolo locale. Il titolare mi aveva promesso che avrei dovuto fare solamente un accompagnamento di sottofondo. Poi, a mia insaputa, ha alzato il volume dell’impianto. E alla fine del brano ricevetti un fragoroso applauso. In quel momento ho realizzato le mie capacità. E che il pubblico non era più un motivo di ansia».
Tra le sue “Regine” chi ha avuto più influenza su di lei?
«Sicuramente Mimì (Mia Martini, ndr). Ho avuto il privilegio di lavorare a stretto contatto con lei a quello che fu il suo ultimo album. Ricordo una straordinaria artista. Ma più di tutti una donna ironica e autoironica. Quello stralcio di vita che lei mi ha concesso mi ha lasciato una sensazione splendida».
C’è stato un momento nella sua vita in cui ha pensato di mollare?
«A dire il vero, sì. Nel 2015, con la morte di Giancarlo Golzi (batterista dei Matia Bazar, ndr) a cui ero legata come una sorella. Persi l’orientamento e pensai di smettere di cantare. Con il tempo mi sono ripresa, e questo pensiero non mi ha più sfiorato».
Com’è nato l’incontro con i Matia Bazar?
«Ero venuta a conoscenza del fatto che Laura Valente stava lasciando il gruppo, era il 1998. E tramite alcuni contatti comuni chiesi di poter fare uno provino con Giancarlo (Golzi, ndr). Lui venne a sentirmi in un locale di Pavia. Gli sono piaciuta, e seguirono altri tre provini».
Cosa accadde?
«Accadde che i primi due andarono male. Ma il terzo fu decisivo, ed entrai in formazione. All’inizio non sapevo che ruolo mi fosse riservato. Poi capii che ero la voce solista. E nel 2000 andammo a Sanremo con “Brivido caldo”. E’ stata un’emozione fortissima».
Cosa le ha lasciato l’esperienza con i Matia Bazar?
«Mi piace pensare che le nostre anime si siano mischiate. Purtroppo, però, è finita nel modo in cui non speravo finisse. Avrei preferito mantenere buoni rapporti con tutti i membri del gruppo. Ma io continuo a pensare che sia stata la cosa più bella che mi sia accaduta. Essere stata la cantante dei Matia Bazar è un marchio di qualità».
Nessun rimpianto?
«No, nessuno. Tra l’altro ho una pessima memoria. Sono più orientata ai progetti, che ai bilanci. Ho sbagliato molto nella vita, ma non ci penso. Vivo i miei 50 anni con l’energia di una ragazzina che sa reinventarsi».
E cosa c’è, allora, nel suo futuro?
«C’è un disco che uscirà nel 2018. Si chiama “5.0”, che sta a significare anche i miei cinquant’anni. E’ un album a cui tengo molto. Ci sto lavorando con calma e a stretto contatto con i miei autori». Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico