In botanica si chiama Crithmum maritimum. Per gli anconetani è semplicemente il paccasasso o spaccasasso, pianta spontanea dal sapore acidulo e intenso che prende il nome...
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Quasi dimenticati, negli ultimi anni i paccasassi sono tornati di moda, rivalutati e recuperati dalla tradizione culinaria anconetana. C’è chi li utilizza per condire pasta, crescia e pizza. Nel Salento, dove questa pianticella viene chiamata “salissia”, la pastellano in acqua a farina e la friggono. In Corsica se ne ricava addirittura un olio essenziale terapeutico. Dalle nostre parti, invece, un numero crescente di ristoratori ha rispolverato la cucina “povera” per proporre i paccasassi, in conserva o lessati al momento, come contorno in piatti di pasta e pesce, accompagnandoli ai moscioli oppure abbinandoli a mortadella e salumi, anche in un semplice ma gustosissimo panino. Luca Giampaolini è un cultore di questo finocchietto marino di cui ha fatto innamorare decine di clienti nella sua enoteca “Perbacco” che per quattro anni è stata di casa a Polverigi, prima dell’inaugurazione al Centro Mirum, alla Baraccola di Ancona.
Per il periodo estivo, però, la sua degusteria si è da poco trasferita nuovamente a Polverigi, al parco di Villa Nappi. Un bel giorno, Luca ha avuto un’idea: perché non creare un vero e proprio salume ai paccasassi? Da questa felice intuizione sono nati il paccuscolo e la paccadella, marchi che ha provveduto a brevettare depositando la domanda in Camera di commercio. Come suggerisce il nome, si tratta di un morbido ciauscolo e di una tenera mortadella ripieni di paccasassi. Basta affettarli per lasciarsi inebriare da un profumo unico. «In genere il finocchietto marino viene servito in un tagliere assieme a mortadella e insaccati perché l’abbinamento è ottimale, ma io ho pensato di andare oltre e di realizzare un vero e proprio ciauscolo ai paccasassi», spiega Giampaolini, anconetano di 43 anni, 20 trascorsi nel settore agroalimentare, sommelier professionista e assaggiatore qualificato di salumi, formaggi e olio d’oliva, specializzato in analisi sensoriali. «Visto che il paccuscolo ha riscosso subito successo, ho pensato di brevettare anche la paccatedella, una mortadella in cui, al posto dei classici pistacchi, ho inserito proprio i paccasassi. Sono prodotti gastronomici che non esistevano e adesso ho avviato una produzione per inserirli nel menù di degustazioni nel mio locale: tutti i clienti che li hanno assaggiati sono rimasti entusiasti».
L’intuizione è stata immediata, più laboriosa la progettazione: «Sei mesi di prove e di assaggi presso una fattoria di Polverigi. Poi, finalmente, ecco il prodotto finito che oggi realizzo rifornendomi al Salumificio del Conero e una serie di produttori della riviera». Paccuscolo e paccadella, spiega, «nascono grazie alla riscoperta di una tradizione della zona costiera di Ancona in cui da tempo si usa abbinare il paccasasso, o lo spaccasasso, ai salumi grassi: ne deriva un’armonia favorita dalla contrapposizione delle materie prime per cui la grassezza del ciauscolo e della mortadella viene piacevolmente attenuata dalla peculiarità del paccassasso». Preservare, promuovere e diffondere l’enorme valore della cucina anconetana è il primo obiettivo di Giampaolini, che si definisce un vero custode della tradizione. Una filosofia che permea la sua locanda bio, semplice e accogliente, come le osterie di una volta. C’è il vino sfuso contenuto nelle botti, accanto a bottiglie pregiate che Luca propone per solleticare il palato e suggerire abbinamenti anche arditi, ma sempre vincenti: moscioli e paccasassi, accompagnati da un ricercato lambrusco rosé, ma anche formaggi e frutta, grappa e lardo, salame e kiwi, prosciutto crudo con fico o uva. C’è chi ama sperimentare la prelibata pianticella sponteanea del Conero accanto a un piatto di raguse. Ma il must irrinunciabile è appunto il salame morbido o la mortadella stemperati nella loro grassezza dalla sapidità del paccasasso, un re povero della tavola, ma pieno di gusto.
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Corriere Adriatico