Diario dal Quirinale, Latini: «Europeista e atlantista. Perché no a Draghi?»

Dino Latini, presidente dell'Assemblea legislativa delle Marche
Benvenuto signor Presidente, così mi hanno accolto ieri...

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Benvenuto signor Presidente, così mi hanno accolto ieri pomeriggio i funzionari della Camera dei Deputati per l’operazione preliminare dell’accreditamento da farsi entro le 17. Poche persone, silenzio quasi assoluto, pochi delegati per l’accreditamento, tutto fermo nella penombra delle grandi stanze del palazzo. Sembra un momento sospeso per l’attesa dello start di oggi, in cui il rumore delle mille voci, della chiama, dei richiami, degli appelli, metteranno tutti in competizione per essere protagonisti dell’elezione del Capo dello Stato. Scendendo di lato verso la Galleria Sordi, incontro via via facce note, vecchi amici, colleghi presidenti di consigli regionali, parlamentari o ex. Ognuno parla o continua a parlare solo o quasi dell’elezione di oggi. In Sicilia la visione è quella che la spinta verso il centro è irreversibile, mentre dal nord qualcuno sottolinea che Salvini si sta comportando bene, come i nemici non si aspettavano. Gli amici di sinistra, invece, evidenziano ancora un po’ di confusione, riconoscendo a Enrico Letta un modo di operare almeno chiaro nei rapporti verso l’altro schieramento. Molti ora riconoscono che Berlusconi ha fatto bene a ritirarsi con dignità, ma non si spiegano il suo veto su Draghi, che altri spiegano dovuto all’urgenza di salvare la continuità della legislatura. Tutti temono di andare oltre la quarta votazione, perché gli italiani non capirebbero presi dalla pandemia e dall’aumento dei prezzi, ma affermano pure che il rischio dello stallo per alcuni giorni è oggi la previsione più facile da fare. Mi chiedono delle Marche, dello scatto in avanti fatto nell’ultimo periodo, di Roberto Mancini, mi chiedono di spiegare loro le ragioni del cambio di maggioranza del 2020. Mentre si parla di un possibile identikit del candidato a Presidente, i grupposcoli si compongono e scompongono, chi lascia e chi arriva, chi va a una riunione di delegati e chi dovrà andare a breve, chi viene richiamato dal partito e chi cerca di spostare il suo albergo perché troppo distante. Il fil rouge della discussione è che chiunque sarà eletto, avrà fra i suoi connotati salienti di essere un filo atlantista e un sicuro europeista, così da cominciare il gioco dei petali della margherita: questo no, questo forse, questo sì, questo sicuro se non avesse il veto di quegli altri.

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Corriere Adriatico