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È la prima elezione della mia vita, la prima volta che partecipo alla nomina del Presidente della Repubblica. Una grande emozione, forte, fortissima. Anche per il mio ritorno alla Camera, dove ho lasciato ricordi e amici e dalla quale sono uscito da poco tempo. Ma è anche una responsabilità enorme di fronte ai cittadini italiani che stanno vivendo un periodo terribile, a prescindere dal colore politico e dalla provenienza geografica. Sono arrivato a Roma venerdì per accreditarmi, ho fatto in tempo a incrociare Giorgia Meloni sulla porta di Montecitorio, un incontro veloce, casuale e a sorpresa, oggi entriamo nel vivo con le riunioni e la prima votazione. Prima sarà difficile capirci qualcosa. Ieri (ma anche sabato) mi sono concesso una giornata immersa nei problemi della mia regione, a cominciare dalla vicenda Caterpillar che merita attenzioni speciali perché è indispensabile trovare una soluzione che eviti la perdita di posti di lavoro. Il lavoro è dignità, io non lo dimentico mai. A Roma fervono i preparativi e sta salendo l’atmosfera dei grandi eventi: non è che sia un mistero che accordi si cerca di trovarne, ma ancora si naviga a vista. Io rappresento le Marche (con Latini e Mangialardi sono uno dei 3 grandi elettori, come sapete) ma rappresento anche la consistente fetta di persone che un anno e mezzo fa mi hanno votato e mi hanno issato al ruolo di Governatore. Quindi faccio parte di una coalizione di centrodestra e dentro questa area mi muoverò. La nomina del Capo dello Stato è frutto di accordi, mediazioni, incontri, verifiche. E le possibilità di arrivare a una proposta che alla fine risulti definitiva (nel senso che abbia successo) sono legate a variabili e considerazioni che esulano dalla figura stessa ma che la figura implica. Tradotto: ogni scelta ha una o più conseguenze, è il conosciuto principio di causa ed effetto. Non credo di esserlo l’unico a pensarlo. Non faccio nomi, in questi ultimi giorni ne sono stati fatti anche troppi e il tempo dirà se qualcuno a proposito.
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Corriere Adriatico