San Costanzo, rubano i formaggi da lanciare nel gioco della ruzzola

Federico Piccioli, uno dei derubati
SAN COSTANZO - Non c’è pace per chi vuol giocare al tiro con il formaggio. Tre automobili in sosta forzate e svaligiate da una banda di malviventi che l’altro...

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SAN COSTANZO - Non c’è pace per chi vuol giocare al tiro con il formaggio. Tre automobili in sosta forzate e svaligiate da una banda di malviventi che l’altro pomeriggio ha preso di mira una comitiva di giocatori che praticano uno degli sport più antichi e tradizionali d’Italia, riconosciuto dal Coni, la ruzzola.

Il fatto è accaduto in una strada secondaria di campagna nella frazione di Solfanuccio, in via dei Cipressi scelta per la posizione ideale – lontana dal traffico – per svolgere in condizioni di assoluta sicurezza una tappa amatoriale di tiro al formaggio. Erano circa le 17 del pomeriggio, quando al termine della gara, il ritorno alle automobili ha destato il primo sospetto. Due automobili chiuse a chiave erano state forzate, una terza (rimasta aperta) presentava evidenti segni del rovistare tipico dei ladri. I balordi, come si è capito dopo, in aggiunta agli spiccioli di euro sparsi nel cruscotto, si sono interessati a razziare le forme di formaggio di riserva nelle automobili. Non ne è rimasta praticamente una. Scomparse complessivamente otto forme di pecorino, dal peso medio di 7-8 etti ciascuna. Al di là del valore economico, si aggiungono i danni fortunatamente lievi alle autovetture. L’episodio ha provocato fastidio e rabbia tra gli stessi partecipanti del torneo, che attira come di consueto simpatizzanti da tutta la valle del Cesano. «Siamo amareggiati, tutto pensavamo meno di dover fare i conti con i ladri di formaggio – ha detto Federico Piccioli, uno dei giocatori beffato dai ladri – Siamo stati presi alla sprovvista mentre eravamo lontani dalle macchine. Evidentemente qualcuno sapeva di questa gara e ha fatto il furbo. Noi comunque andiamo avanti e (ieri ndr) disputeremo la finale come da programma a Mondolfo, tra Madonna delle Grotte e la Valle dei Tufi».  Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico